LE IMPRESE ITALIANE ALL’ARREMBAGGIO DEI MERCATI STRANIERI, A PARTIRE DAI CONTRATTI DI DISTRIBUZIONE (AGENZIA / CONCESSIONE)

Quantomeno a detta degli esperti, nei tempi attuali di crisi e di recessione le imprese Italiane che meglio riescono a sopravvivere sono quelle esposte alla internazionalizzazione, quelle che hanno una percentuale non banale di fatturato all’estero, il che normalmente non vuol dire concludere qualche contratto di vendita con un cliente straniero, quanto piuttosto cercare di costruire una qualche presenza stabile e non episodica su uno o più mercati stranieri.

Fermo restando che l’approccio alle strategie di internazionalizzazione e globalizzazione può e deve variare anche in funzione del settore merceologico in cui l’impresa opera, il salto di qualità per l’impresa Italiana è spesso rappresentato dalla decisione di organizzare in maniera stabile la distribuzione dei propri prodotti su un nuovo mercato straniero, stipulando dei contratti di distribuzione con partner locali, dotati di una propria organizzazione imprenditoriale, ai quali conferisce il mandato per promuovere stabilmente la vendita dei propri prodotti sul mercato (contratto di agenzia) o per commercializzarli e venderli direttamente (contratto di concessione).

Quale che sia la scelta tra le due alternative, agenzia o concessione (ma per completezza, almeno per certi settori merceologici, dovremmo anche considerare il franchising) le clausole che decidiamo di inserire nel testo contrattuale che stiamo redigendo vanno ovviamente valutate in funzione di quanto disposto dalla normativa locale. E che cosa possiamo aspettarci? Al pari di quel che accade in Italia, il più delle volte il contratto di concessione è un contratto atipico i cui contenuti sono rimessi all’autonomia negoziale delle parti.

Non mancano però le eccezioni, e pensiamo ad esempio al Belgio piuttosto che al Brasile, e ove ciò accade la tendenza del legislatore locale sovente è quella di emanare norme che tutelino la parte debole (o, per dirla tutta, la parte locale) e non va neppure dimenticato che nell’ambito dell’Unione Europea ai contratti di concessione si applica il Reg.(UE) 330/10 in materia di accordi verticali che fissa una serie di limitazioni (le “hardcore restrictions”) a quello che il Preponente/Concedente può imporre al concessionario (e si vedano per esempio i due post che ho già dedicato al Regolamento, con riferimento alle vendite via internet (“REG. (UE) 330/10 – CONTRATTI DI CONCESSIONE UE E VENDITE VIA INTERNET FUORI DALLA ZONA ASSEGNATA AL CONCESSIONARIO”).

E gli agency agreement? Sebbene il concetto di “agente”, genericamente inteso come un mandatario del preponente, sia pressoché universalmente noto, le definizioni offerte dai singoli ordinamenti giuridici, così come le relative disposizioni normative, non sono univoche. E’ peraltro possibile distinguere tre diversi orientamenti emersi rispetto alle problematiche collegate con la figura dell’agente commerciale.

(a) il primo approccio ci è ben noto ed è quello adottato dalle varie Nazioni di “civil law”, tra cui l’Italia, ove, seppur con qualche minima differenza, la definizione di agente commerciale è del tutto simile a quella dettata dall’art. 1742 del Codice Civile italiano secondo cui “col contratto di agenzia una parte assume stabilmente l’incarico di promuovere, per conto dell’altra, verso retribuzione, la conclusione di contratti in una zona determinata”. Tale impostazione è quella adottata dalla Direttiva CEE 86/653 del 18 Dicembre 2006, che all’
art.1.2., sebbene, diversamente da quanto previsto dal legislatore Italiano, non vi si faccia menzione della “zona” come elemento caratterizzante il rapporto, descrive l’agente in maniera pressoché analoga a quanto disposto dal Codice Civile Italiano: “Ai sensi della presente direttiva per agente commerciale si intende la persona che in qualità di intermediario indipendente, è incaricata in maniera permanente di trattare per un’altra persona, il preponente, la vendita o l’acquisto di merci, ovvero di trattare e di concludere dette operazioni in nome e per conto del preponente”. La Direttiva ha dunque armonizzato le norme in materia di agenzia dei singoli Stati dell’Unione Europea, peraltro senza uniformarle del tutto. L’esempio più ovvio è quello relativa al calcolo dell’indennità di fine rapporto per cui la Direttiva ammette due distinti criteri, il primo basato sulle mancate future provvigioni ed il secondo per cui l’indennità è commisurata all’effettivo aumento della clientela). Questo primo approccio è caratterizzato dal fatto di individuare la parte “debole” del rapporto nell’agente, a protezione del quale vengono previste una serie di disposizioni imperative, e quindi non derogabili dalle parti, specie in materia di risoluzione del contratto e, come detto, in tema di indennità dovute all’ agente.

(b) una diversa e ben più ampia concezione della figura dell’agente è quella storicamente sviluppata dal sistema giuridico Inglese, e recepita negli altri ordinamenti di” common law”, secondo cui l’”agent” nulla altro è che un intermediario coinvolto, in varia misura, nella conclusione di un contratto tra il suo “principal” ed un soggetto terzo, alla stregua di un mero mandatario. A differenza dei colleghi dell’Europa continentale, l'”agent” Inglese, quindi, tradizionalmente non godeva di alcuna particolare protezione, e tanto meno dii particolari indennità di fine rapporto, il suo rapporto con il preponente essendo esclusivamente disciplinato dalle pattuizioni contrattuali di volta in volta concordate tra le due parti. Ovviamente il recepimento della Direttiva CEE 85/635 ha modificato in maniera sostanziale tale situazione, in quanto ha introdotto anche nel Regno Unito una normativa in tema di “commercial agent” del tutto conforme a quella in vigore negli ordinamenti giuridici di “civil law”, cosicché l’originaria impostazione Inglese generalmente continua ad essere applicata soltanto nelle Nazioni di” common law” al di fuori dell’Europa.

(c) una ulteriore interpretazione della figura dell’agente è quella adottata in molti paesi del Golfo Persico e, seppur in misura più blanda, da alcune Nazioni dell’America Latina. Se nei sistemi di “civil law” il rapporto di agenzia è caratterizzato da una contrapposizione preponente / agente per molti versi riconducibile a quella datore di lavoro / dipendente, che infatti ispira molte delle soluzioni adottate a difesa dell’ agente, inteso come parte “debole” del rapporto contrattuale, in questi casi, ove l’ agente può essere soltanto una persona fisica o giuridica locale, la contrapposizione che emerge è quella tra preponente-società straniera / agente-soggetto locale, a tutto vantaggio del partner locale. E’ questo uno dei motivi per cui in tale Nazioni il termine “agent” ha un significato ben più esteso di quello che ha in Europa, in quanto in tale fattispecie vengono ricompresi solitamente tutti i rappresentanti locali che operino sulla base di un mandato per la promozione / commercializzazione di prodotti di società straniere, siano essi agenti, concessionari od importatori.

© Marco Bianchi riproduzione riservata – Maggio 2012

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