UN PROGRAMMA SOFTWARE FORNITO IN VIA ELETTRONICA SULLA BASE DI UNA LICENZA PERPETUA COSTITUISCE UNA “VENDITA DI MERCI” AI SENSI DELL’ART.1 DELLA DIRETTIVA 86/653/EEC IN MATERIA DI AGENZIA? LA RISPOSTA DELLA CORTE DI GIUSTIZIA UE

  1. La vicenda che ha dato origine alla pronuncia della Corte di Giustizia

La Computer Associates è una società inglese che aveva sviluppato un programma software, di cui deteneva tutti i diritti, principalmente destinato a banche ed assicurazioni. La Computer Associates trasmetteva elettronicamente il software in via elettronica per il successivo download (quindi non in forma fisica, su CD) ai clienti concedendo licenze di utilizzo del software in questione, sia a tempo indeterminato (licenza perpetua) che a tempo determinato.

Nel marzo 2013 la Computer Associates aveva concluso un contratto con la The Software Incubator, altra società inglese, a cui aveva affidato l’incarico di contattare potenziali clienti nel Regno Unito e in Irlanda, per la promozione e la commercializzazione del software, la cui vendita sarebbe poi stata formalizzata dalla Computer Associates.

A distanza di pochi mesi la Computer Associates aveva però risolto il contratto e la The Software Incubator aveva agito in giudizio ritenendo che il contratto configurasse un rapporto di agenzia e chiedendo quindi chiedendo un risarcimento (compensation) sulla base della Direttiva 86/653 e delle Commercial Agents Regulations (1993) che l’avevano recepita in Inghilterra.

Ad un giurista italiano sembrerebbe ovvio, ma in Inghilterra, a differenza di quel che è accaduto nella stragrande maggioranza degli Stati UE, la questione non lo era in quanto tanto la Direttiva che le Regulations facevano riferimento alla “vendita di mercì” (“sale of goods”), peraltro senza offrirne una definizione.

La risposta in Inghilterra era talmente poco ovvia da far sì che la controversia sia arrivata fino alla Corte Suprema (la vecchia “House of Lords”). In primo grado i giudici avevano accolto la tesi della The Software Incubator, ma nel 2018 la sentenza era stata riformata dalla Corte di Appello inglese, ritenendo che un software trasmesso elettronicamente non costituisse una “merce” ai sensi e per gli effetti della Direttiva e delle Regulations.

Come si può immaginare la The Software Incubator ha fatto ricorso alla Corte Suprema, la vecchia “House of Lords” (in primo grado il giudice aveva riconosciuto una compensation per 475.000, più di € 500.000 …)

  1. La richiesta di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia UE formulata dalla Supreme Court of the United Kingdom

Alla luce di quanto precede, la Supreme Court of the United Kingdom (Corte Suprema del Regno Unito) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte di Giustizia UE le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se, nel caso in cui una copia del programma informatico sia fornita ai clienti di un preponente per via elettronica anziché su supporto fisico, essa costituisca una “merce” nell’accezione di detto termine risultante dalla definizione di agente commerciale di cui all’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 86/653.

2)      Se, nel caso in cui i programmi informatici siano forniti ai clienti di un preponente mediante la concessione al cliente di una licenza perpetua di utilizzo di una copia del software, ciò costituisca una “vendita di merci” nell’accezione di detto termine risultante dalla definizione di agente commerciale di cui all’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 86/ 653».

  1. La decisione della Corte di Giustizia UE del 16 settembre 2021 (Causa The Software Incubator Ltd contro Computer Associates (UK) Ltd, avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dalla Supreme Court of the United Kingdom (C-410/19)

Se i giudici inglesi della Corte d’Appello probabilmente si erano basati su una interpretazione, astrattamente ragionevole, ma letterale della Direttiva e delle Regulations, (e probabilmente anche del contratto originariamente firmato tra le due società), la Corte di Giustizia UE ha invece ritenuto che La nozione di «vendita di merci» di cui all’articolo 1.2, della Direttiva possa applicarsi alla fornitura di un programma informatico al cliente per via elettronica dietro pagamento di un prezzo, allorché tale fornitura è accompagnata dalla concessione di una licenza perpetua di utilizzo dello stesso programma informatico, in quanto vendita, download  e licenza  costituiscono un tutt’uno indivisibile.

Nella sua decisione la Corte di Giustizia UE:

  • ha ribadito che la “determinazione del significato e della portata dei termini per i quali il diritto dell’Unione non fornisce alcuna definizione deve essere effettuata conformemente al senso abituale dei termini stessi nel linguaggio corrente, tenendo conto allo stesso tempo del contesto in cui sono utilizzati e degli obiettivi perseguiti dalla normativa in cui sono inseriti”. (Par.31);
  • ha altresì ribadito che “….secondo la giurisprudenza della Corte (con il termine merce) devono intendersi prodotti pecuniariamente valutabili e come tali atti a costituire oggetto di negozi commerciali”, con la conseguenza che “il termine suddetto, data la sua definizione generica, può comprendere un programma informatico, come il software in questione, qualora abbia un valore commerciale e possa formare oggetto di una transazione commerciale”, precisando poi  “che un software può essere qualificato come «merce», a prescindere dal fatto che sia fornito su supporto fisico o, come nel caso in esame, per via elettronica mediante scaricamento”. (Par.34-36),
  • ha sottolineato che tale interpretazione è conforme agli obiettivi della Direttiva (i.e. la tutela degli agenti nelle loro relazioni con i preponenti), in quanto l’interpretazione contraria sostenuta dalla Computer Associates avrebbe come effetto di escludere da tale tutela le persone che esercitano, mediante le moderne tecnologie, compiti comparabili a quelli svolti da agenti commerciali nella promozione della vendita di merci tangibili. (Par. 48-51).

Per ultimo, ma non da ultimo, è utile ricordare che questa probabilmente una delle ultime sentenze della Corte di Giustizia pronunciata in relazione ad un caso inglese in quanto, sulla base dell’accordo di recesso tra Regno Unito e UE, la Corte di Giustizia UE ha mantenuto la sua competenza a pronunciarsi, in via pregiudiziale, sulle domande presentate dagli organi giurisdizionali del Regno Unito, come accaduto per il caso in esame, prima della fine del periodo di transizione fissata al 31 dicembre 2020.

La sentenza della Corte di Giustizia si può leggere al seguente indirizzo:

https://eur-lex.europa.eu/legal-content/EN/TXT/?uri=CELEX%3A62019CJ0410

© Marco Bianchi Riproduzione riservata – Ottobre 2021

 

 

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