POST BREXIT: IL DIRITTO DELLA CONCORRENZA ED IL FUTURO DEGLI ACCORDI VERTICALI E DEI CONTRATTI DI CONCESSIONE IN UK
Nonostante la Brexit, il Regno Unito ha provvisoriamente mantenuto in vigore il Reg. (UE) 330/2010 in tema di accordi verticali (VABER), destinato tuttavia a scadere nel 2022, nell’Unione Europea ed anche in UK, ove le disposizioni del Reg. 330/2010 (Retained VABER) rimarranno fino al fino al 31 maggio 2022.
In vista di tale scadenza, il 3 Ottobre scorso la Competition and Market Authority (CMA) ha pubblicato le proprie Recommendations in vista della futura adozione del UK Vertical Agreements Block Exemption Order (VABEO Order o UK Order) destinato ad aggiornare e sostituire nel Regno Unito il Regolamento (UE) 330/2010 (il testo delle Recommendations è consultabile sul sito della CMA all’indirizzo web indicato al fondo di questo articolo).
Sebbene l’orientamento dell’Autorità per la Concorrenza inglese sia quello di confermare l’impostazione e la struttura del Reg. (UE) 330/2010, la CMA ritiene che UK Order debba introdurre una serie di importanti modifiche alla VABER (alcune delle quali peraltro analoghe a quelle che la Commissione ritiene di dover introdurre nel nuovo Regolamento).
- Le conferme
Le conferme prospettate dalla CMA nelle Recommendations riguardano:
(i) le quote di mercato di ciascun contraente, che non devono superare il 30%, come previsto oggi dalla VABER, anche nel caso di accordi non reciproci conclusi tra imprese concorrenti[1], (in ciò differenziandosi dall’attuale orientamento della Commissione UE che nella bozza di nuovo Regolamento da essa pubblicato per tali contratti tra concorrenti ipotizza una soglia di mercato più bassa, non superiore al 10%.
(ii) il divieto di RPM – Resale Price Maintenance (Parr.5.1.-5.12) (i.e. l’imposizione da parte del venditore / concedente ai propri acquirenti / concessionari[2] di un prezzo minimo di rivendita dei prodotti contrattuali) che continua ad essere una hardcore restriction, una restrizione fondamentale tale cioè da far venir meno il beneficio dell’esenzione per categoria per l’intero contratto e quindi anche la presunzione (il c.d. safe harbour) che esso non violi il diritto della concorrenza (art.101.1. TFUE Trattato Funzionamento Unione Europea nella EU e Section 2 del Chapter 1 dell’ Competition Act 1988 in UK)
La CMA si è peraltro riservata la possibilità di identificare nella Verticals Guidance (l’equivalente degli Orientamenti UE) situazioni in cui gli effetti causati dalla RPM (c.d. efficiencies) potrebbero giustificarne un uso seppur limitato (e il riferimento più immediato potrebbe essere alle situazioni identificate durante la consultazione pubblica che ha preceduto la pubblicazione delle Recommendations riepilogate al par. 5.9. delle stesse Recommendations (lancio di nuovi prodotti, brevi campagne promozionali, necessità di mantenere la reputazione di prodotti di alta gamma commercializzati a prezzi tali da consentire al produttore di continuare ad investire sulla qualità dei propri prodotti).
(iii) le attuali restrizioni escluse (excluded restrictions) di cui all’art.5 della VABER, ed in particolar modo la non esentabilità di un obbligo di non concorrenza a carico del concessionario della durata superiore a cinque anni, o a tempo indeterminato.
- Le modifiche ed i cambiamenti
Le modifiche che la CMA sta prendendo in considerazione sono anche conseguenti alla costatazione che il mercato inglese, ma lo stesso potrebbe dirsi per il mercato interno della UE, negli ultimi dieci anni è cambiato in conseguenza della sempre maggiore diffusione dell’e-commerce e al suo impatto sui sistemi distributivi tradizionali, o meglio, sulla reale possibilità dei concedenti di governare e trovare un equilibrio, pur sempre nel rispetto del diritto della concorrenza, tra i concessionari “offline” (offline distributors), quelli con un negozio “fisico” (brick-and-mortar shop), e quei concessionari che hanno invece deciso di puntare principalmente sull’e-commerce e sulle vendite online (online distributors).
Le modifiche ipotizzate dalla CMA riguardano le restrizioni fondamentali (nella sostanza quelle previste dall’art 4 dell’attuale VABER) ed in ispecie le limitazioni alla vendita che possono essere imposte ai concessionari, con particolare riferimento alle vendite attive e passive e quelle relative all’uso di internet e dei marketplace (i.e. Amazon e Co.).
2.1. RPM – Resale Price Maintenance (Parr.5.1-5.12) – Come sopra accennato, nella sostanza le RPM restrictions rimangono delle restrizioni fondamentali, fatto salvo il caso in cui il concedente ritenga, (e sia in grado di dimostrare alla CMA …) che nello specifico caso esse siano giustificate in considerazione delle efficiencies che tali restrizioni siano in grado di assicurare.
2.2. Restrizioni territoriali e alle categorie di clienti a cui i concessionari possono vendere i prodotti contrattuali (Parr.5.28-5.32) – Le restrizioni territoriali e alle categorie di clienti a cui i concessionari possono vendere i prodotti contrattuali continuano ad essere delle hardcore restrictions. Se però nella VABER il principale driver di questa hardcore restriction era quello di creare un unico mercato all’interno della UE, la ragione che ha giustificato la decisione della CMA è quella di continuare ad assicurare una concorrenza intra-brand, cioè tra concessionari appartenenti alla medesima rete distributiva, a tutto vantaggio dei consumatori e dei clienti finali.
Le eccezioni già attualmente previste dall’art. 4. (b) da (i) a (iv) della VABER in linea di principio rimangono, ma nelle Recommendations pubblicate dalla CMA vengono meglio dettagliate e in parte modificate, anche allo scopo di assicurare ai concedenti una maggior flessibilità nel disegnare i loro sistemi distributivi.
2.2.1. La distinzione tra vendite attive e vendite passive in generale (Parr.5.33-5.49) e nelle vendite on-line (Parr. 5.50 – 5.53) – Sebbene la CMA continui a considerare la distinzione tra vendite attive e vendite passive utile e necessaria nei sistemi di distribuzione esclusiva, l’intendimento della autorità per la concorrenza inglese sembra essere quello di reagire ai cambiamenti occorsi sui mercati, riconoscendo che negli ultimi dieci anni le vendite online sono cresciute significativamente e non richiedono più un livello di protezione quale quello previsto dieci anni fa all’atto dell’emanazione della VABER.
Secondo la CMA ciò comporta la conseguenza che alcune delle categorie di vendite originariamente identificate nella VABER e qualificate quali vendite passive dovrebbero oggi essere considerate alla stregua di vere e proprie vendite attive.
2.2.2. Una struttura dei sistemi distributivi più flessibile (Parr. 5.54-5.55)
La CMA (per la verità in maniera non dissimile da quanto previsto dalla bozza del nuovo Regolamento predisposto dalla Commissione UE) si propone di (i) permettere la possibilità di combinare distribuzione esclusiva e distribuzione selettiva nel medesimo territorio, o in differenti territori, (ii) introdurre una “esclusività condivisa” mediante la nomina di più di un concessionario esclusivo in un territorio o per uno specifico gruppo di clienti.
- Misure indirette per limitare le vendite online
Nel 2010 la Commissione UE aveva manifestato un espresso ampio favore (a mio personale parere in alcuni casi in maniera del tutto aprioristica) in relazione all’uso dell’e-commerce da parte dei concessionari.
Specialmente nell’ambito di un sistema di distribuzione selettiva, ciò aveva finito per favorire quei concessionari che si erano concentrati pressoché completamente sulle vendite online utilizzando quale unico strumento competitivo il prezzo di vendita, a tutto danno dei tradizionali concessionari offline su cui ricadevano gli oneri, ed i costi, della promozione commerciale e del contatto “fisico” con i potenziali clienti di cui beneficiavano anche i concessionari online, dando luogo al fenomeno del c.d. “parassitismo” (free riding).
La situazione oggi è cambiata in considerazione della aumentata importanza delle vendite online ed in particolar modo di quelle realizzate attraverso le piattaforme di e-commerce (i.e. Amazon e Co.) che aveva favorito il fenomeno del free-riding.
Nell’Unione Europea abbiamo avuto le avvisaglie del mutato atteggiamento della Commissione UE con la Relazione sull’indagine sul commercio elettronico e relativo Staff Working Document pubblicati nel 2017 ove si anticipavano alcuni degli strumenti che ritroviamo oggi nelle Recommendations (e per la verità anche nelle bozze del nuovo Regolamento di esenzione UE nel frattempo pubblicate, a cui dedicherò uno dei miei prossimi post), a cui ha fatto poi seguito, sempre nel 2017 la sentenza della Corte di Giustizia UE nel caso Coty v. Akzente[3], che ha ridimensionato le interpretazioni della sentenza Pierre Fabre[4] (la maggioranza delle quali, ipersemplificando, erano per così dire “pro-concessionari e pro-piattaforme e-commerce”) ed ha deciso che un divieto generale imposto ai membri di un sistema di distribuzione selettiva di prodotti di alta gamma è compatibile con il diritto della concorrenza UE (i.e. l’art. 101 TFUE).
Benchè nelle Recommendations la CMA confermi che il punto di partenza per valutare eventuali restrizioni è pur sempre rappresentato dal principio enunciato nelle sentenze Pierre Favre (Corte di Giustizia UE) e Ping (Competition Appeal Tribunal UK)[5] per cui il concedente non può vietare tout court l’uso di internet ai propri concessionari, l’opinione della CMA in merito al free riding ed alle sue conseguenze coincide con quella della Commissione UE, tanto che nelle Recommendations la CMA cita proprio un passo tratto dal Report della Commissione UE sull’e-commerce, secondo cui “Addressing free-riding and maintaining the incentives for retailers to invest in high quality services by creating a level playing field between offline and online are key considerations for both manufacturers and retailers”.
Al fine di riequilibrare la competizione tra vendite online e vendite offline la CMA propone l’introduzione di due modifiche rispetto a quanto previsto dalla VABER oggi in vigore.
3.1. Ammissibilità del c.d. “dual pricing” (Parr.5.64, 5.72, 5.75)
La prima modifica riguarda l’eliminazione del divieto del cosiddetto “dual pricing” nei sistemi di distribuzione selettiva, così da permettere ai fornitori/concedenti di praticare agli acquirenti/concessionari prezzi differenti per i prodotti destinati ad essere rispettivamente venduti online e offline (pratica questa che gli Orientamenti 2010 che accompagnavano la VABER consideravano una hardcore restriction a tutti gli effetti). Ragionevolmente l’abolizione del divieto dovrebbe portare a prezzi più alti per i prodotti venduti online, ferma restando la necessità di rispettare un criterio di proporzionalità tra i due prezzi. Ciò al fine per incentivare gli investimenti dei concessionari offline e conseguentemente favorire una maggior competizione tra canali online e canali offline.
3.2. Differenziazione in funzione dei due canali di vendita online e offline dei criteri di selezione utilizzati nella distribuzione selettiva (Parr.5.72)
La seconda modifica ha lo scopo di consentire ai concedenti, sempre nell’ambito di un sistema di distribuzione selettiva, di imporre il rispetto di criteri qualitativi differenti e non più identici per vendite online e offline, da brick-and-mortar shops;
- Gli obblighi di parità (Parity clauses) (Parr.5.77 – 5.100)
Le c.d. parity clauses, “eredi” di quelle che in origine erano definite “most favoured nation clauses”, sono quelle clausole con cui il fornitore si impegna con la controparte a non fornire a terzi i prodotti o servizi oggetto del contratto a condizioni e a prezzi migliori.
Vigente la VABER, le parity clauses state particolarmente utilizzate nei contratti delle piattaforme di e-commerce, tanto da essere state anche definite platform parity obligations. Nella pratica le parity clauses sono state poi suddivise in due macrocategorie, le c.d. wide parity obligations clauses, con cui il fornitore/concedente si impegna a non praticare prezzi migliori su qualsiasi altro canale distributivo (il proprio sito web, i propri distributori, altri marketplace) e le narrow parity obligations con cui il venditore/fornitore si impegna a non offrire sul proprio sito internet prezzi più vantaggiosi di quelli praticati all’acquirente.
È questo un punto in cui le posizioni della CMA e della Commissione UE differiscono. Nelle Recommendations la CMA esprime la volontà di considerare le wide parity obligations clauses (online o offline) delle hardcore restrictions, e quindi tali da far venir meno l’esenzione prevista dalla VABEO inglese, ma non le narrow parity obligations da cui, secondo la CMA potrebbero invece derivare dei vantaggi tali da beneficiare dell’esenzione prevista dall’UK Order.
Diverso l’approccio della Commissione UE che nella bozza di nuovo Regolamento (art. 5.1. (d)) vieta soltanto le parity clauses con cui una piattaforma online impedisca a quanti la utilizzano per vendere i loro prodotti o servizi su internet di offrire in vendita tali prodotti o servizi su piattaforme online concorrenti a condizioni, e prezzi, più favorevoli, oltretutto qualificandole restrizioni escluse (excluded restrictions), e quindi non esentabili e potenzialmente nulle sì, ma non tali da far venire meno l’esenzione per l’intero contratto che le prevede.
- Le restrizioni escluse (excluded restrictions) (Parr. 6.1.-6.21)
Le excluded restrictions sono quelle restrizioni, che, seppur utilizzando un linguaggio “atecnico”, potremmo definire, “meno gravi” e che nella VABER riguardano gli obblighi di non concorrenza imposti all’acquirente / concessionario durante la vigenza del contratto e successivamente alla sua scadenza. A tale tipologia di restrizioni, non si applica l’esenzione di gruppo e la loro compatibilità con il diritto della concorrenza deve essere valutata caso per caso.
Se la presenza di una qualche hardcore restrictions fa perdere il beneficio dell’esenzione di gruppo ai contratti che, direttamente o indirettamente, le contemplano, per le restrizioni escluse è solo la excluded restriction che non è esentabile e tale non esentabilità non si estende all’intero contratto che continua quindi a beneficiare dell’esenzione per categoria (a condizione che la excluded restriction possa essere separata ed espunta dal contratto senza comprometterne l’efficacia).
Quello delle restrizioni escluse è un altro caso in cui l’orientamento della CMA diverge da quello espresso dalla Commissione UE in quanto la Commissione UE nella bozza di nuovo Regolamento di esenzione prevede, a differenza di quel che accade nella attuale VABER, che possano rientrare nell’esenzione per categoria anche quegli obblighi di non concorrenza rinnovabili oltre i cinque anni, purché l’acquirente/il concessionario possa effettivamente rinegoziare o risolvere l’accordo verticale contenente l’obbligo con un ragionevole preavviso e a un costo ragionevole, e sia quindi in grado di passare a un altro fornitore dopo la scadenza del periodo di cinque anni (Par.234 bozza nuovi Orientamenti.
Per contro la CMA intende confermare senza alcuna modifica la disciplina dettata dall’attuale VABER, ritenendo che le clausole di tacito rinnovo potenzialmente possano comunque avere un effetto anti-competitivo.
- Agenti e piattaforme di e-commerce (Parr. 7.2 – 7.10)
I normali contratti di agenzia commerciale non rientrano nell’ambito di applicazione dell’art. 101.TFUE, e quindi della VABER, se non nel caso, tutto sommato residuale, in cui l’agente assuma specifici rischi commerciali o finanziari usualmente di competenza del preponente (i c.d. secondary agents).
Tanto le Recommendations della CMA che la bozza dei nuovi Orientamenti UE confermano tale impostazione ma entrambe introducono una novità non banale, ritenendo che le piattaforme online che offrono servizi di intermediazione tra i venditori e compratori, ai fini delle disposizioni in tema di accordi verticali dettata dalle rispettive norme poste a tutela della concorrenza, non possano essere considerati agenti ai fini dell’applicazione dell’art. 101.1. TFUE ma debbano invece essere considerate come fornitori, ricadendo così nell’ambito di applicazione del nuovo Regolamento UE e dell’UK Order.
Lo scopo di CMA e Commissione UE è chiaro ed è quello di evitare che la qualifica di intermediario applicata alle piattaforme di e-commerce finisca per costituire, da un punto di vista pratico, una mera fictio giuridica che evitare l’applicazione delle norme in tema di accordi verticali.
- Durata
Il VABEO Order entrerà in vigore nel Giugno 2022 (ma è previsto un ulteriore periodo di un anno per adeguare gli accordi verticali in vigore alle nuove disposizioni) e rimarrà in vigore per sei anni.
Conclusioni
Naturalmente è necessario attendere che venga approvata e pubblicata la versione definitiva dell’UK Order e delle relative Guidelines, prevista nei primi mesi del 2022. Tuttavia fin da ora è fin da ora è possibile trarre qualche prima conclusione. Le proposte delle CMA contenute nelle Recommendations da un punto di vista generale sono sostanzialmente in linea con le disposizioni dell’attuale VABER e con quelle delle bozze di nuovo Regolamento e relativi Orientamenti già pubblicate dalla Commissione UE.
Resta però il fatto che, senza negare un approccio comune, la CMA in alcuni casi si è differenziata dalle posizioni della Commissione UE, il che probabilmente porterà nel tempo le imprese, tanto in UK che nell’Unione Europea, a dover differenziare i distribution agreements pensati per la UE da quelli destinati ai concessionari inglesi. Gli effetti della Brexit ………….
Qui sotto il link alle Recommendations della CMA
https://assets.publishing.service.gov.uk/government/uploads/system/uploads/attachment_data/file/1030880/VABER_Final_RecommendationOctober2021__PVedit.pdf
© Marco Bianchi Riproduzione riservata – Dicembre 2021
[1] Per accordi non reciproci tra concorrenti si intendono quegli accordi in cui il fornitore è produttore (o grossista o importatore) e distributore di beni è mentre l’acquirente è solo un distributore e non, nel contempo, un’impresa concorrente a livello della produzione.
[2] Considerato che il Regolamento 330/2010 è dedicato a tutti gli accordi verticali il legislatore unionale, al pari di quello inglese, identifica con i termini venditore e acquirente i contraenti degli accordi verticali (supplier e buyer). Tenuto conto che la disciplina in tema di accordi verticali impatta in maniera assai rilevante sui contratti di concessione, in questo post in alcuni casi ho utilizzato i termini fornitore/venditore/concedente e acquirente/compratore/concessionario.
[3] Sentenza della Corte del 6 dicembre 2017, Coty Germany GmbH contro Parfümerie Akzente GmbH (C‑230/16)
[4] Sentenza del 13 ottobre 2011 Pierre Fabre Dermo-Cosmétique SAS contro Président de l’Autorité de la concurrence e Ministre de l’Économie, de l’Industrie et de l’Emploi (C 439/09).
[5] Decisione del 7 settembre 2018 Ping Europe Limited v. Competition and Markets Authority ([2018] CAT 13.
Marco Bianchi Manuale dei Contratti Internazionali, Giuffrè Francis Lefebvre (2021)
Marco Bianchi Contratti internazionali di DISTRIBUZIONE Commercial Agency Agreements and Distribution Agreements, Giuffrè Francis Lefebvre (2019)
Marco Bianchi Contratti internazionali di COMPRAVENDITA e di SOMMINISTRAZIONE Sales Agreements and Long-term Supply Agreements, Giuffrè Francis Lefebvre (2019)