TECNICHE DI REDAZIONE DEI CONTRATTI INTERNAZIONALI: MA A COSA SERVONO GLI “HEADINGS” CHE PRECEDONO OGNI CLAUSOLA CONTRATTUALE?
Siamo talmente abituati a predisporre i contratti internazionali utilizzando le drafting techniques anglo-sassoni che ormai le utilizziamo anche quando il contratto è disciplinato dal diritto Italiano (e si veda a tal proposito la recensione che ho dedicato su questo sito a “Il Contratto Alieno” del Prof. Giorgio De Nova) e che spesso, quasi inconsciamente, riproponiamo anche quando il contratto che stiamo redigendo alieno proprio non è, in quanto destinato a disciplinare un rapporto contrattuale tra due società Italiane.
Capita così di notare che non soltanto le clausole in cui è articolato il contratto siano precedute da un titolo, ma che anche singoli paragrafi di tale clausole da una qualche titolazione, salvo poi spesso scoprire alla fine del contratto, tra le “boiler-plate clauses”, una clausoletta specificatamente dedicata agli “headings” messa lì per chiarire che le titolazioni sono inserite per mero riferimento e non per influenzare o condizionare le disposizioni contrattuali:
7. Headings
7.1. The headings in this Agreement are included for convenience of reference only and shall not in any way limit or otherwise affect the meaning or interpretation of this Agreement.
7. Titolazioni
7.1. Le titolazioni presenti in questo contratto sono utilizzate esclusivamente per immediatezza di riferimento e non potranno in alcun modo limitare o comunque condizionare il significato e l’interpretazione delle disposizioni del presente contratto.
A questo punto potrebbe sorgere spontanea la domanda “Ma vale la pena di perder tempo a inserire gli headings, i titoletti degli articoli e dei paragrafi del nostro contratto, considerato che le titolazioni non esprimono di per sé un qualche obbligo giuridico alla cui formulazione è invece demandato il corpo della clausola che stiamo redigendo?”. In realtà la risposta è positiva, fatta eccezione per i contratti più semplici e meno complessi.
Come mi è già capitato di scrivere, occorre infatti considerare che il contratto B2B che stiamo redigendo non è soltanto un “legal document” ma è anche e soprattutto un documento imprenditoriale, uno degli strumenti che l’impresa ha per raggiungere gli obiettivi sottesi al rapporto contrattuale. In realtà le titolazioni con cui suddividiamo il testo contrattuale sono utili a quanti, pur non avendo partecipato alla redazione e alla eventuale negoziazione, debbano poi gestirne l’esecuzione, in quanto gli headings consentono al lettore del testo contrattuale di identificarne “a colpo d’occhio” i contenuti.
Un’ulteriore funzione degli headings è quella di facilitare la negoziazione del contratto, e in particolar modo dei contratti internazionali più complessi. Tra i miei precedents ho una clausola che mi è capitato di scrivere e negoziare, relativa al deadlock in una joint venture societaria e alle sue conseguenze: quasi due pagine di pattuizioni contrattuali dedicate alla questione. Se durante una tornata negoziale la controparte dovesse non accettare una di tali pattuizioni alla fine della giornata dovremmo purtroppo concludere che l’intera clausola dedicata al deadlock rimane irrisolto, un “open points” da rimandare al prossimo incontro.
Proviamo a immaginare la stessa clausola suddivisa in singoli paragrafi ad ognuno dei quali abbiamo premesso un titolo che fa riferimento agli specifici contenuti del paragrafo. Il risultato sarebbe analogo a quello qui sotto indicato:
1. Deadlock
1.1. Occurrence of a Deadlock Situation
1.2. Events that cannot Immediately Lead to a Deadlock Situation
1.2.1. Yearly Updated Business Plan
1.2.2. Chief Executive Officer and Chief Operating Officer
1.2.3. Additional Capital Contributions
1.2.4. Dividend Policy
1.3. Solving mechanisms of a Deadlock Situation
1.3.1. Consultations between the Parties’ Chief Executive Officers
1.3.2. Consultations between the Chief Executive Officers of the Parties’ parent or ultimate companies
1.4. Failure to Solve a Deadlock Situation as a Termination Event
1.5. Commitment of the Parties to fulfill their contractual obligations
Da un lato i “titoletti” consentono al lettore di questo post di farsi immediatamente un’idea di quello che potrebbe trovare nella clausola di deadlock. Non solo, in una vera negoziazione qualora il disaccordo tra le parti riguardasse soltanto alcuni dei paragrafi della clausola, sarebbe dunque possibile identificare e delimitare con esattezza gli “open points”, limitandoli a tali paragrafi e non all’intera clausola. Da un punto di vista psicologico e pratico un miglior risultato, soprattutto in vista del prosieguo della negoziazione
© MARCO BIANCHI RIPRODUZIONE RISERVATA – 01/07/2015