E-COMMERCE, DISTRIBUZIONE SELETTIVA E REG.(UE) 330/2010: CHE COSA STA SUCCEDENDO DOPO LA SENTENZA DELLA CORTE DI GIUSTIZIA NEL CASO COTY GERMANY GMBH CONTRO PARFÜMERIE AKZENTE GMBH?

Come i lettori di questo sito ben sanno ho dedicato molti post al Regolamento (UE) 330/2010 in tema di accordi verticali, da ultimo dedicandomi in particolare alla vexata questio relativa alla possibilità per i concessionari autorizzati di vendere i prodotti del concedente sulle piattaforme di e-commerce (VEDI IL PIU’ RECENTE “LA SENTENZA DELLA CORTE DI GIUSTIZIA NEL CASO COTY GERMANY GMBH CONTRO PARFÜMERIE AKZENTE GMBH: FASHION BRANDS V. PIATTAFORME E-COMMERCE 1 A 0 (PER I BRAND NON FASHION NON SI SA ANCORA DOVREMO ASPETTARE IL PROSSIMO ROUND”).

Rinviando per l’analisi di dettaglio al post di cui sopra, basti qui ricordare che, in accordo con l’opinione dell’Avvocato Generale Wahl, la Corte di Giustizia ha confermato che il divieto generale imposto ai membri di un sistema di distribuzione selettiva di prodotti di lusso di servirsi, per le vendite a mezzo Internet, di piattaforme di vendita on line (i.e. Amazon e Co.) qualora tale clausola sia diretta a salvaguardare l’immagine di lusso di detti prodotti, sia stabilita indistintamente e applicata in modo non discriminatorio, e sia proporzionata rispetto all’obiettivo perseguito, circostanze che spetta al giudice del rinvio

Sebbene Coty, e con essa le società che operano nei settori tradizionali che utilizzano la distribuzione selettiva (fashion, lusso, prodotti di alta gamma), si siano ovviamente rallegrate della decisione della Corte di Giustizia, non tutti hanno apprezzato l’esito della vicenda. Il riferimento non è tanto e soltanto ad Akzente e alle piattaforme di vendita on line, ma anche al Bundeskartellamt tedesco, l’Autorità della Concorrenza tedesca, il cui Presidente, il giorno dopo la sentenza, si era detto convinto che la sentenza Coty avrebbe avuto un effetto limitato, twittando “The #ECJ has taken care to limit its findings to genuine luxury products. #Brand manufacturers have not received carte blanche to issue blanket #platformbans. First assessment: Limited impact on our practice” (e ciò si spiega anche considerando che Germania e Lussemburgo erano stati gli unici stati UE che nel procedimento avevano sostenuto le tesi di Akzente, mentre a favore della tesi di Coty si erano invece espressi Francia, Italia, Olanda, Austria e Svezia e la stessa Commissione UE).

I fatti sembrano però smentire il commento formulato, se mi posso permettere, tra il seccato e il supponente, dal Presidente del Bundeskartellamt tedesco. Non si è fatta attendere la risposta della Commissione UE che ha dedicato il suo primo Competition Policy Brief del 2018 (1/2018 -EU competition rules and marketplace bans: Where we stand after the Coty Judgement?”) proprio al post-Coty, confermando di ritenere che il divieto di vendere su piattaforme on-line, ai sensi e per gli effetti del Regolamento (UE) 330/2010, non costituisce una restrizione fondamentale (hardcore restriction) a prescindere dal settore merceologico a cui esso afferisca.

A ciò si aggiunga che, quantomeno al di fuori della Germania, gli effetti della sentenza Coty iniziano a farsi sentire. In Francia è giunta (forse) a compimento la vicenda che dal 2014 vedeva coinvolte la Caudalie, nota società che produce e commercializza cosmetici, e la eNova, società che gestisce la piattaforma di e-commerce 1001pharmacies.com. La Caudalie aveva chiesto al Tribunale di Commercio un provvedimento che inibisse alla piattaforma 1001pharmacies.com la vendita dei prodotti Caudalie, distribuiti in Francia da una rete di concessionari autorizzati. Sebbene i concessionari autorizzati (ma eNova comunque non lo era) potessero vendere su internet i prodotti Caudalie attraverso i loro web-site, il contratto di concessione prevedeva espressamente il divieto di vendere tali prodotti attraverso piattaforma e-commerce.

Il Tribunale di primo grado dà ragione alla Caudalie, ma la sentenza viene rovesciata la Corte di Appello di Parigi, a cui si era appellata la eNova, sull’assunto che il divieto di vendita su piattaforme e-commerce imposto dalla Caudale ai suoi concessionari autorizzati potesse in effetti costituire una hardcore restriction ai sensi del Regolamento (UE) 330/2010. Inevitabilmente la questione finisce davanti alla Corte di Cassazione, ma ormai il vento è mutato.

Prima della decisione nel caso Coty ma dopo la pubblicazione dell’opinione dell’Avvocato Generale Wahl, nella sostanza poi recepito dalla Corte di Giustizia, il 13 settembre 2017 la Corte di Cassazione annulla la decisione della Corte di Appello di Parigi per difetto di adeguata motivazione.

Il 13 Luglio 2018 la Corte di Appello, a cui la Corte di Cassazione aveva rinviato la causa, si è allineata alla Corte di Giustizia confermando la decisione del Tribunale di primo grado e arrivando ad affermare che il divieto di vendita on-line non necessariamente si applica ai soli settori del lusso e del fashion.

© Marco Bianchi – riproduzione riservata Settembre 2018

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