“CARO AVVOCATO IL NOSTRO CONCESSIONARIO OLANDESE VENDE I NOSTRI PRODOTTI AD UN PREZZO TROPPO BASSO E COSI’ INDIRETTAMENTE FA CONCORRENZA AGLI ALTRI NOSTRI CONCESSIONARI EUROPEI. PUO’ MANDARGLI UNA LETTERA LEGALE (sic!) PER DIRGLI CHE DEVE APPLICARE I PREZZI CHE GLI DICIAMO NOI E CHE SE NON SMETTE RISOLVIAMO IL CONTRATTO? CARO DIRETTORE SI SIEDA CHE LE SPIEGO I FATTI DELLA VITA. NON LE PIACERANNO”.

Il dialogo tra il Direttore Commerciale e il suo avvocato è immaginario (ma non tanto…). È indubbio che in un mondo ideale (ovviamente ideale solo per il Direttore Commerciale dell’impresa cliente …) sarebbe bello poter imporre ai concessionari il prezzo di rivendita dei prodotti del concedente per meglio controllare e gestire l’andamento delle vendite sui singoli mercati. Quello di cui il Direttore Commerciale non sa e che l’Avvocato ben conosce (o, almeno in pochi casi, dovrebbe sapere, a volte il condizionale è d’obbligo anche per gli avvocati) è che un tale comportamento non è ammesso dal diritto della concorrenza, nella UE e non solo.

Qui di seguito un passo che illustra la questione cara al nostro Direttore Commerciale del libro sui contratti internazionali di distribuzione (Commercial Agency Agreements and Distribution Agreements) che ho pubblicato con Giuffrè e che illustra la questione cara al nostro Direttore Commerciale.

IV 5.2. Prezzi di rivendita applicati dal Concessionario e prezzi raccomandati dal Concedente

Nel paragrafo precedente si è accennato alle modalità di determinazione del prezzo praticato dal concedente al concessionario per l’acquisto dei prodotti contrattuali. “Ratione materiae” può essere qui utile ricordare che nell’Unione Europea, e non solo, le normative poste a tutela della concorrenza non consentono al concedente di imporre al concessionario un prezzo di rivendita, o un prezzo minimo di rivendita[1]. Al più il concedente può comunicare al concessionario un prezzo raccomandato o un prezzo massimo di rivendita, fermo restando che il concessionario è libro di praticare il prezzo che ritiene.” , come previsto nella clausola qui sotto riportata.”.

A questo punto l’Avvocato dovrebbe porsi una domanda. Come redigere un contratto di concessione standard destinato ad essere applicato all’interno dell’Unione Europea? Tralasciando qui la questione di quale debba essere il sistema distributivo con cui il concedente intende operare sui mercati UE, distribuzione esclusiva o distribuzione selettiva, gli approcci possibili sono due.

Il primo è quello di redigere un testo, per così dire, “neutro”, limitandosi a codificare i rispettivi obblighi e diritti di concedente e concessionario che normalmente si ritrovano in un qualsiasi contratto di concessione, senza entrare nel merito di quanto previsto dal diritto della concorrenza UE, e qui il riferimento è ovviamente al Reg. (UE) 330/2010 in tema di accordi verticali (“Regolamento”) le cui disposizioni si applicano comunque al rapporto contrattuale (e quindi non solo RPM – Resale Price Maintenance, ma anche limitazioni in tema di vendite attive o vendite passive da parte del concessionario, utilizzazione di internet e quant’altro previsto dal Regolamento stesso).

Il secondo approccio, che io preferisco e che in passato, ho adottato è quello di esplicitare nel testo contrattuale anche le limitazioni imposte dal Regolamento (per sfortuna del Direttore Commerciale imposte soprattutto a carico del concedente ….), anche se ciò nulla aggiunge a quanto previsto dalle norme in tema di concorrenza e potrebbe essere addirittura considerata un’aggiunta pleonastica.  Ciò in quanto il contratto dovrebbe essere una sorta di guida per i funzionari commerciali dell’impresa italiana (Direttore Commerciale compreso …) incaricati di gestire i rapporti con la rete distributiva dell’impresa avendo ben presente che cosa si possa chiedere, imporre o proibire i concessionari e quali siano invece i comportamenti e le pratiche concordate che potrebbero contravvenire a quanto previsto dal Regolamento.

Qui di seguito la clausola, in realtà rivolta, invero a mo’ di caveat al Direttore Commerciale dell’impresa e ai suoi collaboratori, che se inserita  avrebbe risolto il problema del Direttore Commerciale  “a monte”. La clausola è tratta dal primo esempio di Distributorhip Agreement contenuto nel Cap. VI (Formule Contrattuali)  di “Contratti internazionali di distribuzione  – Commercial Agency Agreements and Distribution Agreements

Although the Principal may from time to time communicate to the Distributor recommended prices or maximum prices for the resale of the Products, the Distributor alone, in its own discretion, shall establish its pricing policy and shall be free to establish, modify and change at its own discretion the selling price for the sale of Products in the Territory. / Sebbene il Concedente possa periodicamente comunicare al Concessionario dei prezzi consigliati o massimi per la rivendita dei Prodotti, il Concessionario, a sua discrezione, potrà stabilire la propria politica di prezzi e sarà libero di fissare, modificare e mutare a sua discrezione il prezzo di rivendita dei Prodotti nel Territorio.”.

Marco Bianchi © riproduzione riservata – Ottobre 2019

[1] Si veda il successivo Capitolo V.  In realtà il divieto di imporre il prezzo di rivendita (la c.d. RPM — Resale Price Maintenance) è ricorrente nella normativa antitrust di tutto il mondo e lo ritroviamo per esempio in U.S.A., Giappone e Cina.

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