BIRKENSTOCK, IL MARCHIO TEDESCO DI CALZATURE, ABBANDONA LA PIATTAFORMA AMAZON A CAUSA DELLE RIPETUTE VENDITE DI PRODOTTI CONTRAFFATTI SULLA PIATTAFORMA ONLINE.

Quello della vendita di prodotti contraffatti sulle piattaforme e-commerce è una questione che era già stata sollevata nelle risposte ai questionari che la Commissione aveva diffuso durante l’indagine sul e-commerce che ho già commentato in un precedente post.

Il problema è semplice.

Il manufacturer ha un rapporto contrattuale con i suoi distributori, che gli consente di contestare e far cessare l’eventuale vendita di prodotti contraffatti da pare di un concessionario autorizzato, risolvendo il contratto di concessione per inadempimento.

Per contro le piattaforme di e-commerce sono dei terzi che non assumono alcun obbligo contrattuale nei confronti del manufacturer, che non può imporre alle piattaforme on-line alcun obbligo di monitoraggio per evitare che i prodotti che esse commercializzano, per conto di terzi, ma con i marchi del manufacturer siano in realtà prodotti contraffatti.

Che la mera “moral suasion” non funzioni lo dimostra proprio la vicenda Birkenstock, e d’altra parte è chiaro che per “prevenire proattivamente” la contraffazione in rete, come richiesto dalla Birkenstock, Amazon e le altre piattaforme e-commerce dovrebbero strutturarsi per mettere in piedi delle procedure di controllo sull’origine dei prodotti che esse commercializzano in rete, e ciò comporterebbe costi ed investimenti che probabilmente non sono compatibili, o quantomeno auspicabili, per l’attuale modello di business delle piattaforme e-commerce.

© marco bianchi – riproduzione riservata Dicembre 2017

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