UN’INTRODUZIONE AI CONTRATTI INTERNAZIONALI DI LICENZA (PRIMA PARTE)

  1. L’ambito le differenti tipologie di “Licence Agreements”

Le alternative a disposizione della società che voglia sfruttare un qualche diritto di privativa di cui sia titolare (marchi, brevetti, modelli ornamentali e di utilità) sono varie. Ovviamente è possibile sfruttare direttamente tali diritti: così il titolare di un brevetto può decidere di industrializzare il trovato brevettato, effettuando gli investimenti necessari per produrre e commercializzare il prodotto che incorpora e sostanzia quanto brevettato.

Qualora il detentore della tecnologia brevettata non intenda o non sia in grado di effettuare tali investimenti necessari, può cedere, a titolo definitivo e solitamente previo ricevimento di un corrispettivo, i diritti di cui esso sia titolare ad un terzo che invece possa e voglia effettuare gli investimenti necessari per sfruttare industrialmente il brevetto. Ancora è possibile concedere ad un terzo il diritto di mettere a profitto commercialmente la tecnologia di cui il licenziante detiene i diritti di sfruttamento: è questo il caso dei contratti di licenza, i “License Agreements”.

Nella prassi del commercio internazionale con tale termine si fa normalmente riferimento a quei rapporti contrattuali ove un soggetto giuridico, il licenziante, in cambio di un corrispettivo, consente ad un’altra parte, il licenziatario, (a) di sfruttare determinati diritti di privativa di cui il licenziante stesso è l’esclusivo titolare, oppure (b) di utilizzare determinate conoscenze tecniche e tecnologiche sviluppate dal licenziante, non coperte da alcun diritto di privativa industriale ma non liberamente disponibili sul mercato, quantomeno nella loro interezza e con l’organicità realizzata dal  licenziante stesso (“know-how”)[1] .

Da un punto di vista giuridico, un contratto di licenza sostanzia un consenso che il licenziante garantisce al licenziatario per lo svolgimento di una qualche attività che altrimenti costituirebbe una violazione di un diritto di cui il licenziante è titolare. La prestazione caratteristica del licenziante è dunque quella di rinunciare ad esercitare, nei confronti del licenziatario e nei limiti di quanto disposto dal contratto di licenza, alcuni o tutti i diritti derivanti al licenziante dal monopolio legale attribuitogli dall’essere titolare di un qualche un diritto di privativa (brevetti, marchi) o dall’essere l’esclusivo possessore di un insieme di un dato know-how.

Nella pratica non è poi infrequente che la concessione di diritti di privativa e la messa a disposizione di uno specifico know-how si combinino (ed anzi è questo forse il caso usualmente più ricorrente) e che la licenza abbia dunque per oggetto lo sfruttamento, per un periodo di tempo determinato e comunque non breve, dei diritti di proprietà intellettuale di cui il licenziante è titola­re, integrati e completati da ulteriori prestazioni e servizi garantiti dal licenziante al licenziatario quali, per esempio, (i) il trasferimento di un ulteriore e specifico know-how, necessario per poter utilizzare e sfruttare commercialmente i diritti di proprietà industriale pure licenziati, (ii) la fornitura di componenti e materiali che il licenziatario utilizzerà nella realizzazione del prodotto lda questi fabbricato e commercializzato utilizzando i diritti licenziatigli o (iii) la prestazione da parte del licenziante di assistenza e consulenza al licenziatario. In questi casi l’interesse del licenziante non si limita soltanto all’entità del corrispettivo che gli verrà corrisposto, ma anche all’introduzione sul mercato ove opera il licenziatario dei prodotti che incorporano la tecnologia del licenziante (magari con i marchi del licenziante stesso), così da avviare, seppur per il tramite del licenziatario, l’ingresso del brand e dei prodotti del licenziante su tale mercato:

Questi contratti, più complessi ed articolati che non i meri contratti di licenza di brevetto o di marchio, sono comunemente indicati come “Composite Licence Agreements” o “Package Licence Agreements”, o per dirla in Italiano “Contratti di Licenza misti”.

In realtà nella prassi del commercio internazionale possiamo ricondurre nell’ambito dei “License Agreements” una pluralità di specifiche situazioni contrattuali, il cui oggetto è pur sempre la messa a disposizione di una qualche conoscenza o di un qualche diritto di privativa, suscettibile di essere sfruttato industrialmente o commercialmente. Possiamo quindi distinguere tra:

  1. contratti che hanno per oggetto la licenza di un diritto di privativa e contratti con cui viene licenziato un mero know-how. Sebbene in entrambi i casi si parli di licenza, è indubbio che le previsioni contrattuali potrebbero essere assai diverse, in quanto in un contratto di licenza di un brevetto, è molto più semplice definire l’oggetto della licenza che non nel caso di una licenza di know-how. Allo stesso modo in un contratto di licenza di brevetto presumibilmente il licenziante corre meno rischi, proprio perché, prima di sottoscrivere il contratto, ha ben chiaro l’oggetto della licenza e l’uso che può essere fatto del brevetto licenziatogli, mentre lo sfruttamento profittevole di un dato know-how potrebbe essere condizionato, in tutto o in parte, (a) dalla effettiva completezza delle informazioni che in quel dato contratto di licenza vengono definite come sostanzianti il “know-how” oggetto di trasferimento, (b) dalle pratiche modalità di trasferimento delle informazioni costituenti il know-how, e (c) dalle effettiva capacità del licenziatario di padroneggiare il know-how trasferitogli in esecuzione della licenza, elementi questi che il licenziatario, proprio per le caratteristiche di segretezza che caratterizzano il know-how, più difficilmente è in grado di accertare prima della sottoscrizione del contratto di licenza;
  2. contratti “puri” di licenza e contratti “misti di licenza”. Nel primo caso l’oggetto della licenza è soltanto ed esclusivamente un diritto di privativa piuttosto che un dato know-how, così come contrattualmente definito dai contraenti. Il secondo caso è quello dei contratti misti già sopra menzionati, ove il licenziante mette a disposizione del licenziatario diritti di privativa, know-how e se del caso ulteriori servizi di formazione ed assistenza;
  • contratti ove la tecnologia venga trasferita in unica soluzione e contratti in cui la tecnologia viene trasferita gradualmente al licenziatario – In questi casi le modalità di trasferimento sono dettate dalle specifiche caratteristiche della tecnologia oggetto di licenza e dal grado di supporto che il licenziatario abbisogna nel tempo per sfruttare le conoscenze trasmessegli dal licenziante o per garantirne il continuo sviluppo (tanto che in questa seconda ipotesi le prestazioni di assistenza garantite dal licenziatario assumono quasi una rilevanza maggiore rispetto a quelle relative ai diritti di privativa licenziati, e potrebbe essere questo il caso di certi contratti di licenza software ove il licenziatario è interessato non tanto e non soltanto al software licenziato quanto piuttosto alla effettiva capacità del licenziante di curare i successivi “upgrading” del software stesso).
  1. contratti che hanno per oggetto la mera licenza d’uso e contratti che hanno per oggetto, o per effetto, il trasferimento della tecnologia – Fatta eccezione per quei contratti ove, esplicitamente e fin dall’inizio, le parti intendono perfezionare una vera e propria cessione di un qualche diritto di privativa, il contratto può essere costruito come una mera licenza d’uso (e può ancora essere utilizzato l’esempio dei contratti di licenza software, piuttosto che dei contratti di licenza di marchio, ove al termine del contratto il licenziatario è obbligato a cessare l’utilizzo del software o del marchio di proprietà del licenziante), e quei contratti, in particolar modo quelli di licenza di know-how (vuoi perché così si sono accordati i contraenti o vuoi perché una simile conseguenza discende da quanto previsto da norme di legge inderogabili in vigore nella nazione ove risiede il licenziatario), in cui allo scadere dell’accordo il licenziatario può continuare ad utilizzare il know-how oggetto di licenza.
  2. contratti che attribuiscono diritti esclusivi e contratti che non prevedono una simile esclusiva – Nella terminologia anglo-sassone correntemente utilizzata nella prassi dei contratti internazionali, si possono distinguere (i) exclusive license, sulla base delle quali il licenziatario è l’unico soggetto che ha il diritto di sfruttare l’oggetto della licenza nel territorio o nel field of use attribuitigli, ad esclusione dello stesso licenziante, (ii) sole license, ove l’esclusiva garantita al licenziatario è relativa , in quanto il licenziante si obbliga a non concedere ad altri il diritto nel territorio o nel field of use di competenza del licenziatario, senza peraltro rinunciare  a sfruttare esso stesso tali diritti., e (iii) non exclusive license, ove per, l’appunto, la licenza concessa non è esclusiva.  E’ peraltro opportuno ricordare fin da subito che, nell’ambito della UE, i contratti di licenza che attribuiscono una protezione territoriale assoluta al licenziatario, impedendo ad altri licenziatari un divieto di importazione a favore del licenziatario (ed obbligando questi, per converso, a non effettuare esportazioni nelle zone assegnate ad altri licenziatari) risultano essere, almeno di norma, in contrasto con le previsioni dell’art. 101.1 TFUE in quanto hanno come effetto di “compartimentale” i mercati ed impedire le importazioni parallele[2]. Non così le c.d. “open licenses” ove, pur in presenza di un’esclusiva a favore del licenziatario, questi può rispondere ad ordini di acquisto provenienti da clienti che operano al di fuori del territorio assegnatogli.

Da un diverso punto di vista è poi possibile distinguere tra contratti di licenza con cui il licenziante si limita ad autorizzare il licenziatario a sfruttare nel suo processo produttivo un determinato diritto di privativa di cui il licenziante è titolare, e contratti ove la licenza di un qualche diritto di proprietà intellettuale, e/o di un determinato know-how, è funzionale alla fabbricazione ed alla distribuzione da parte del licenziatario, nel territorio assegnatogli, di prodotti analoghi, o derivati, dai prodotti fabbricati dal licenziante. Nel primo caso la licenza rappresenta per il licenziante esclusivamente un’opportunità per trarre ulteriori benefici economici dalla tecnologia da questi sviluppata, o per contribuire ad ammortizzare i costi di ricerca e sviluppo sopportati per tale sviluppo, mentre, nel secondo caso, l’obiettivo imprenditoriale che il licenziante intende raggiungere attraverso la sottoscrizione del contratto di licenza è quello di penetrare, per il tramite del licenziatario, con i propri prodotti, la propria tecnologia ed i propri marchi commerciali nel mercato ove opera il licenziatario e dove il licenziante non è ancora presente.

Naturalmente i diversi obiettivi imprenditoriali sottesi al singolo contratto di licenza, possono influenzarne la disciplina contrattuale pattiziamente concordata tra licenziante e licenziatario.

Così, se la licenza rientra nella strategia di internazionalizzazione del licenziante (e nella sostanza, si pone quindi come alternativa alla stipula di un mero contratto di distribuzione con un importatore locale piuttosto che ad una presenza diretta del licenziante sul mercato di riferimento), verrà dedicata una particolare attenzione agli obblighi che il licenziatario assume in relazione alla distribuzione dei prodotti fabbricati utilizzando la tecnologia del licenziatario, e tra i diritti di privativa licenzianti presumibilmente vi saranno anche quelli relativi al marchio d’impresa che il licenziatario ha il diritto, ma anche il dovere, di sfruttare localmente.

Al contrario in un contratto di licenza pura, quale potrebbe essere un contratto di licenza di brevetto, la prospettiva imprenditoriale può essere diversa, ed il licenziatario può essere addirittura un concorrente del licenziante, o quantomeno una società che opera in un business diverso da quello del titolare dei diritti di privativa licenziati.

Ovviamente in questo secondo caso, l’attenzione del licenziante sarà concentrata sui corrispettivi di licenza, ed in particolar modo sugli “up front payment” che il licenziatario sarà tenuto a corrispondergli all’atto della sottoscrizione del contratto, mentre probabilmente non troveranno spazio nel contratto, o saranno assai meno dettagliate, eventuali disposizioni in merito all’organizzazione distributiva del licenziatario, né il licenziatario avrà un qualche interesse ad utilizzare i marchi del licenziante in relazione ai prodotti fabbricati utilizzando i brevetti licenziatigli.

2. I pro e i contro dei Licence Agreements

Vantaggi – Da un punto di vista generale, i contratti di licenza rappresentano uno strumento attraverso cui è possibile far sì che uno specifico ritrovato o un determinato processo produttivo applicato da un’impresa possa essere utilizzato legittimamente da un’altra società, senza peraltro costringere quest’ultima a duplicare le esperienze e riprodurre le ricerche attraverso cui l’impresa concedente è giunta a creare, definire, sperimentare ed applicare le conoscenze che formano oggetto del contratto di licenza.

Come sopra accennato i contratti di licenza vengono spesso utilizzati, specie nell’ambito del commercio con l’estero, quale alternativa, almeno in determinati mercati (quelli per l’appunto affidati al/ai licenziatario/i), allo sfruttamento diretto delle conoscenze tecniche e tecnologiche detenute dalla società licenziante. Ciò in quanto essi consentono alla società licenziante di ottenere un profitto, rappresentato dal corrispettivo di licenza, senza dover duplicare gli investimenti che sarebbero necessari per produrre e commercializzare in loco un qualche prodotto che incorpori una qualche tecnologia di cui la società licenziante sia titolare, ma anzi addossando i rischi, o almeno una parte di essi, al licenziatario incaricato di sfruttare il “know-how” trasmessogli in una zona determinata (normalmente rappresentata dalla Nazione ove ha sede il licenziatario, oltreché, in molti casi, dalle Nazioni limitrofe) o in uno specifico “field of use” (e ciò che, per esempio può accadere, qualora il licenziante sfrutti in un determinato settore merceologico una qualche tecnologia, di cui sia titolare, ed intenda concederne l’uso  ad un licenziatario che la utilizzi in un “field of use” diverso da quello del licenziante).

In altre parole per il tramite di un contratto di licenza il licenziante può quindi aumentare i profitti derivanti dallo sfruttamento in uno o più nuovi mercati di una tecnologia produttiva da esso detenuta (licenza di brevetto e/o di know-how) o di investimenti commerciali già effettuati (licenza di marchio), senza peraltro dover ricorrere ad ulteriori investimenti diretti, rappresentati dall’impiego di risorse umane e finanziarie, che vengono invece demandati al licenziatario. A ciò si aggiunga che in molti Paesi in Via di Sviluppo esistono normative locali che, al fine di ridurre / limitare le importazioni (pagate in valuta pregiata), favoriscono il perfezionarsi di rapporti di licenza per la fabbricazione in loco di prodotti altrimenti ottenibili soltanto per il tramite di importazioni dall’estero [3].

Per il licenziatario, i benefici sono invece rappresentati dalla possibilità di poter disporre e sfruttare una certa tecnologia, un certo “know-how” già esistente e collaudato o un’introduzione commerciale già consolidata, evitando quindi gli investimenti finanziari, ed i rischi di insuccesso che il licenziatario dovrebbe invece mettere in conto qualora decidesse di “fare da solo” e cioè di sviluppare in maniera indipendente il “savoir faire” che il licenziante è disponibile a mettergli a disposizione.

Gli svantaggi – A fronte dei benefici sopra ricordati, i Licence Agr­eements presentano peraltro, ed in special modo per il licenziante, una serie di svantaggi o quantomeno di “problematicità” di non facile soluzione.

In primo luogo, coinvolgendo un’altra società nello sfruttamento di una determinata tecnologia, il licenziante si priva di una parte del profitto che avrebbe potuto attendersi da tale tecnologia, nell’eventualità di uno sfruttamento diretto, in quanto il licenziatario, nella sostanza, finisce per divenire un ulteriore soggetto inserito nella catena produttiva e distributiva del licenziante.

Qualora il corrispettivo di licenza sia rappresentato esclusivamente da “royalties” a ciò si deve poi aggiungere che il reddito atteso dal licenziante potrebbe non concretizzarsi qualora, alla prova dei fatti, il licenziatario si rivelasse incapace di comprendere, di utilizzare e di sfruttare in maniera adeguata il “savoir faire” concessogli.

Nei contratti di licenza di “know-how” un ulteriore, e per certi versi più grave problema, è poi costituito dal fatto che, al termine del contratto di licenza e comunque dopo il periodo di tempo necessario per padroneggiare le conoscenze tecniche e tecnologiche trasmessegli, il licenziatario ha la capacità, almeno potenziale, di diventare un diretto concorrente del licenziante.

Apparentemente per il licenziante la soluzione più semplice per evitare un simile pericolo potrebbe essere quella di limitarsi a concedere in uso i diritti di proprietà industriale che formano l’oggetto del contratto di licenza per un periodo di tempo limitato, così da impedirne l’utilizzazione da parte del licenziatario al termine del rapporto contrattuale, oppure di imporre un limite territoriale al diritto del licenziatario di commercializzare i prodotti realizzati su licenza, riservando nel contempo al licenziante il diritto di commercializzare i propri prodotti nell’ambito territoriale del licenziatario.

Nella realtà l’una e l’altra di tali limitazioni risultano spesso nella pratica di non semplice applicazione, sia tenuto conto della natura stessa del “know-how”, che al contrario delle invenzioni brevettate, è scarsamente delimitabile ed il cui indebito utilizzo è quindi difficilmente dimostrabile, e sia in considerazione del fatto che tali limitazioni trovano spesso una oggettiva limitazione nell’esistenza di specifiche norme di legge volte a tutelare il licenziatario[4] (ed è questo il caso di quanto previsto dalle norme nazionali di molti Paesi in Via di Sviluppo) piuttosto che di disposizioni in tema di tutela della concorrenza (come accade nella normativa antitrust UE).

Un qualche svantaggio, almeno teoricamente, esiste anche per il licenziatario che, per esempio, dopo aver sottoscritto il contratto, potrebbe trovarsi a scoprire di aver acquistato a caro prezzo una tecnologia destinata a divenire nel breve periodo obsoleta o che, in mancanza di una espressa previsione contrattuale che lo preveda, potrebbe vedersi negare dal licenziante il diritto a ricevere ed utilizzare i miglioramenti e gli “updating” della tecnologia licenziatagli realizzati dal licenziante durante il periodo di validità del contratto.

Mancando una previsione contrattuale che assicuri al licenziatario di poter utilizzare gli eventuali miglioramenti della tecnologia realizzati dal licenziante, nella pratica durante il periodo di validità del contratto di licenza viene a realizzarsi una sorta di “effetto forbice” attraverso la graduale divaricazione e diversificazione della tecnologia utilizzata dal licenziante e dal licenziatario: all’inizio è la stessa ma quella utilizzata dal licenziatario, in carenza di un adeguamento tecnologico e diversamente dalla tecnologia utilizzata dal licenziante, è destinata a divenire gradualmente obsoleta. (CONTINUA…)

 

Marco Bianchi © riproduzione riservata – Giugno 2019

[1] Per utilizzare la definizione da ultimo offerta dal  Regolamento (UE) n 316/2014 del 21 marzo 2014 relativo all’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea a categorie di accordi di trasferimento di tecnologia, il know-how è “un patrimonio di conoscenze pratiche derivanti da esperienze e da prove che è i) segreto, vale a dire non generalmente noto, né facilmente accessibile; ii) sostanziale, vale a dire significativo e utile per la produzione dei prodotti contrattuali; e iii) individuato, vale a dire descritto in modo sufficientemente esauriente, tale da consentire di verificare se risponde ai criteri di segretezza e di sostanzialità”.

[2] Si veda al proposito quanto disposto dall’art. 4 del Reg. (UE) 316/2014 in tema di restrizioni fondamentali (peraltro ispirate a quelle previste dal Reg. (UE) 330/2010 in tema di accordi verticali a cui sono dedicati i miei precedenti post “CONTRATTI DI LICENZA E DI TRASFERIMENTO DI TECNOLOGIA: IL REG. (UE) 316/2014 (PRIMA E SECONDA PARTE””.

[3]Nei PVS non è infrequente che i dazi all’ importazione di specifici componenti, materiali e macchinari destinati alla fabbricazione in loco di un certo prodotto siano inferiori dei dazi applicati per l’importazione dall’estero di quel medesimo prodotto, completamente finito e pronto per essere commercializzato.

[4] Qualora la tecnologia oggetto di licenza sia particolarmente innovativa e rappresenti per il licenziante un “asset competitivo” importante, per lo sfruttamento del quale il licenziante non possa o non voglia investire ulteriori risorse, una possibile soluzione di compromesso potrebbe essere rappresentata dal licenziare tale tecnologia non già direttamente ad un terzo, quanto piuttosto ad una joint venture company costituita a tal fine dal titolare della tecnologia e dal partner locale, così  da raggiungere entrambi i risultati attesi, la compartecipazione di un partner agli investimenti necessari per lo sfruttamento della tecnologia ed il mantenimento di un grado di controllo sulla successiva utilizzazione di  tale tecnologia.

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