SI FA PRESTO A DIRE BREXIT. BREXIT CLAUSES PER I NUOVI CONTRATTI DI DURATA (SOMMINISTRAZIONE, AGENZIA E CONCESSIONE) E INTERROGATIVI PER I CONTRATTI GIA’ IN ESSERE

“Che ci sia la Brexit ognun lo dice, quando sia nessun lo sa”. Potremmo riassumere così la situazione attuale della Brexit. Non solo si è capito che il fronte del “Leave” era completamente impreparato a gestire la oggettiva complessità derivante dall’uscita dalla UE, ivi inclusa la non banale necessità di valutarne l’impatto su tutta la legislazione di derivazione comunitaria introdotta nel tempo nel Regno Unito.

Un’ulteriore complicazione per la Brexit si è rivelata la recente sentenza della High Court che ha stabilito che il Governo non aveva il potere di invocare l’art. 50 per richiedere l’uscita dalla UE, se non dopo una espressa autorizzazione del Parlamento Inglese che il 1 Gennaio 1973 aveva approvato l’Europea Community Act 1972 per entrare nella Comunità Europea, oggi Unione Europea. Come si può leggere nel summary della decisione che trovate all’indirizzo web indicato al fondo di questo post “The most fundamental rule of the UK’s constitution (n.d.r. ma è una costituzione non scritta) is that the Parliament is sovereign and can make and unmake any law it chooses…. it has been established for hundreds of years that the Crown – i.e. the Government of the day – cannot by exercise of prerogative powers override legislation enacted by Parliament”.   La decisione della High Court esprime un principio che mi sembra del tutto pacifico tra i giuristi Inglesi e che quindi dovrebbe essere confermato dalla Supreme Court (la vecchia House of Lords) a cui il Governo Inglese ha nel frattempo presentato appello.

Quali che ne siano i tempi, sembra difficile che il Parlamento Inglese, quando chiamato a decidere sulla Brexit, smentisca la decisione del referendum e quindi, prima o poi, la Brexit diverrà una realtà con cui bisognerà fare i conti su entrambe le sponde della Manica. Fatto salvo quanto dovesse risultare dal negoziato tra Governo Inglese e Commissione UE, nei rapporti tra Inghilterra e Stati UE, potrebbero venir meno una serie di Regolamenti che hanno contribuito a creare fino ad oggi regole giuridiche uniformi all’interno dell’Unione, e penso per esempio al Regolamento Roma I in tema di legge applicabile alle obbligazioni contrattuali e al Regolamento Bruxelles I (rifuso) dedicato alla competenza giurisdizionale, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale,  piuttosto che al Regolamento UE n. 2015/848 relativo alle procedure d’insolvenza transfrontaliere. E dunque, quando verrà, la Brexit porterà ulteriori problemi e complicazioni a tutti noi che ci occupiamo di contratti d’impresa.

Già, i contratti.  Quale sarà l’impatto della Brexit sui contratti attualmente in essere tra un’impresa italiana ed una inglese? E quali cautele inserire nei contratti di durata che un’impresa italiana andrà a predisporre, negoziare e sottoscrivere con una controparte inglese nell’immediato futuro, quando oggi l’uscita dell’Inghilterra dalla UE è soltanto all’orizzonte? Partiamo dai contratti ancora da stipulare e pensiamo per esempio ai Long-Term Supply Agreement (i nostri contratti di somministrazione) piuttosto che ai contratti di distribuzione, agenzia o concessione che siano.

Nei contratti di somministrazione di beni, ed in particolar modo negli O.E.M. Long-Term Supply Agreement, il problema potrebbe riguardare principalmente la necessità (almeno per il fornitore) di adeguare il prezzo di cessione delle merci, vendute ad un acquirente Inglese, in funzione dei maggiori costi sostenuti in conseguenza della Brexit. In particolare, per un fornitore italiano, tali maggiori costi potrebbero derivare (i) dalla necessità di dover adeguare le merci compravendute a nuovi standard tecnici e omologativi in ipotesi introdotti in Inghilterra e diversi da quelli ad oggi in vigore nella EU e (ii) da eventuali dazi all’importazione e imposte introdotte a seguito dell’uscita dell’Inghilterra dal mercato UE.

Nel redigere un contratto di tal genere la clausola di partenza è quella dedicata ai prezzi e ai termini di pagamento che oggi, ante Brexit, almeno a mio parere, potrebbe apparire come segue[1]:

  1. Prices and terms of payment

1.1. The Product Prices as listed in Annex 1 are:

(a) quoted in € (Euro) and all the payment to be done by Customer shall be in € (Euro);

(b) inclusive of Supplier standard packaging, 

(c) for delivery [●] Incoterms ®  2010,

(d) exclusive of VAT or similar sales tax, if applicable.

Se il contratto è però destinato a durare nel tempo, al punto da essere ancora in vigore al verificarsi della Brexit (2019?), la clausola dovrebbe essere integrata per tener conto degli eventuali maggiori oneri derivanti al fornitore Italiano dall’entrata in vigore della Brexit.

  1. Brexit Occurrence

2.1. The Parties recognise and acknowledge that the Product Prices do not consider any potential impact of the Brexit occurrence. Subject to art.2.3. below, if Brexit occurs during the term of this Agreement, the Supplier shall have the right to increase the Product Prices as per art.2.2. below, and the Purchaser shall be bound to pay such new Product Prices.  

2.2. The amount of such Product Price increase shall be equal to the additional costs borne by the Supplier  for manufacturing and delivering the Products to the Purchaser as a direct consequence of Brexit, including, but not limited to:

(a) engineering, manufacturing and administrative costs arising from the need to modify the Products for having them compliant with any mandatory technical and homologation standard introduced in England as a consequence of the Brexit,

(b) value added tax or similar sales tax and custom duties.

2.3. For the purposes of the above, [·] months before the expected Brexit Date the Parties shall meet and the Supplier shall give evidence, to the reasonable satisfaction of the Purchaser,  of the expected additional costs caused by the Brexit occurrence, and the Product Price increase required to cover such additional costs.

2.4. The new Product Price as assessed under art.2.3. above shall be applied  to Products to be delivered to the Purchaser after the Brexit Date.

La clausola qui sopra proposta presuppone due definizioni. Le definizioni ovviamente sono quelle di Brexit e di Brexit Date.

Brexit means the United Kingdom withdrawal from the European Union, either in its entirety or in any of England, Wales, Scotland and Northern Ireland, to be completed pursuant to and in accordance with the procedure set forth by Art. 50 of the Treaty on European Union[2].

Brexit Date means the day in which Brexit become effective and the Treaties on European Union and on the Functioning of the European Union are no more applied in the United Kingdom or in any of England, Wales, Scotland and Northern Ireland.

Questa clausola merita comunque una qualche altra considerazione. Un potenziale rischio per il fornitore italiano potrebbe comunque derivare dall’art. 2.3 ove la determinazione del “Brexit increase” sui prezzi è subordinato alla “reasonable satisfaction” del compratore in merito ai conteggi fatti dal fornitore, e ciò potrebbe forse permettere ad un compratore, più o meno in mala fede, di metterne in dubbio o proprio contestarne la correttezza (e se, alla luce della circostanza del caso, lo si ritenesse opportuno il rimedio potrebbe essere quello di inserire un “way-out” quale quello ipotizzato all.art.2.3 della seconda clausola qui sotto riportata).

Da un punto di vista più generale, il compratore Inglese potrebbe non essere disponibile ad accettare oggi, in maniera quasi automatica, di tenere a proprio carico, incorporandoli nel Products Price, i maggiori costi derivanti dalla Brexit, ad oggi impossibili da quantificare e che, alla prova dei fatti, potrebbero rendere non competitiva la continuazione del rapporto di fornitura con il venditore italiano (o comunque residente nella UE). In una tale situazione mi sembra che l’unica possibilità sia quella di rinviare ad un futuro accordo tra i contraenti la valutazione degli effetti della Brexit quando ne saranno chiari i termini e le condizioni, peraltro prevedendo che in caso le parti non trovino un accordo ognuno di esse potrà recedere dal contratto con un congruo preavviso (quasi una sorta di “hardship clause”). Una clausola di tal fatta potrebbe essere redatta come quella qui di seguito proposta (le definizioni di Brexit e Brexit Date sono le stesse della clausola precedente).

  1. Brexit Occurrence

2.1. The Parties recognise and acknowledge that:

(a) the Product Prices do not consider the potential impact of Brexit occurrence, the extent of which is impossible to assess as of today, and

(b) Brexit however could affect the competitiveness and the economic balance of this Agreement.

2.2. Immediately after the Brexit Date, the Parties shall meet to assess the Brexit terms and conditions and to agree any variation in the Product Prices actually in force before Brexit and in any further terms and conditions of this Agreement, which are required to neutralise the Brexit impact while maintaining the competitiveness and the economic balance of this Agreement.

2.3. Failing the Parties to agree on the proposed variations on the terms and conditions of this Agreement, including but not limited to the Product Prices, on or before the 21st Business Day following the Brexit Date, each Party shall have the right to terminate this Agreement, by addressing a termination notice to the other Party pursuant to and in accordance with Article [·]  (“Early Termination”).

2.4. After the Brexit Date and until the termination of this Agreement, the Supplier shall perform Purchase Orders, issued by the Purchaser either before or after the Brexit Date, and deliver Products only at the following conditions (other terms and conditions as per this Agreement):

(a) Products Specifications, Homologation Requirements and Products Price as applied before the Brexit Date;

(b) Price currency of payments: Euro.

(c)) Delivery EXW (Incoterms ® 2010) Supplier Italian Plant;

(c) Quantities for each Purchase Order not exceeding the average quantity of the Purchase Orders issued by the Purchase in the six months before the Brexit Date.

Fin qui si è parlato di Long-Term Supply Agreement. La questione è più complessa se si invece si considerano i contratti di distribuzione, agenzia e concessione, che ad oggi devono rispettare due distinte normative Europee, rispettivamente Direttiva CEE 86/653, così come recepita nei singoli Stati UE e Reg. 330/2010 in tema di accordi verticali.

Per quanto invece attiene ai contratti di agenzia occorre ricordare che l’Inghilterra ha recepito la Direttiva con le Commercial Agents (Council Directive) Regulations 1993, entrate in vigore il 1° gennaio 1994, così come modificate nel 1993 e nel 1998. Prima del recepimento della Direttiva i sales representatives inglesi (l’equivalente degli agenti così come intesi nei sistemi giuridici dell’Europa continentale) non avevano diritto ad alcuna indennità di fine rapporto, sempreché essa non fosse espressamente pattuita nel contratto, fatto peraltro del tutto inusuale nell’Inghilterra prima dell’introduzione della Direttiva.  Ciò in quanto il sales representative veniva ricompreso nella più generale figura dell’agent che, in Inghilterra e negli altri sistemi giuridici di common law, nella sostanza era inteso alla stregua di un normale mandatario.

Per chi si trovi oggi a redigere un contratto con un commercial agent inglese la domanda inevitabile è “che cosa accadrà in Inghilterra dopo la Brexit? Le Commercial Agents Regulations rimarranno in vigore, e con esse l’obbligo di corrispondere una indemnity o una compensation all’agente al termine del rapporto? Oppure l’Inghilterra abbandonerà l’approccio a suo tempo impostole dalla Direttiva CEE 86/653 per ritornare alla tradizionale concezione di common law, ove i rapporti tra principal e sales representative / commercial agent sono esclusivamente disciplinati dai termini e dalle condizioni dettate dal contratto?”.

Considerato che la domanda è destinata a rimanere senza risposta fino alla Brexit Date in via preliminare si possono formulare un paio di suggerimenti: (a) evitare di sottoporre il contratto con un nuovo agente inglese al diritto italiano che, almeno di primo acchito, farebbe “rientrare dalla finestra” la Direttiva e le sue previsioni in tema di indemnity o compensation, inderogabili in danno dell’agente (b) analogamente evitare di ripetere nel contratto contrattuale pattuizioni che riprendono le disposizioni inderogabili della Direttiva in tema di provvigioni e recesso. Ante Brexit, tali previsioni rimarrebbero comunque in vigore in quanto attualmente recepite dalle Commercial Agents Regulations. Post Brexit, l’incorporazione di tali pattuizioni nel contratto le renderebbe dl tutto valide ed efficaci, anche nel caso in cui le Regulations venissero meno.

Una prima possibilità semplice, ma probabilmente non particolarmente soddisfacente da un punto di vista di pianificazione commerciale, è quella di stipulare oggi dei contratti a tempo determinato e di durata relativamente breve, il cui termine sia destinato a scadere prima della prevedibile Brexit Date.

Qualora ciò non sia possibile e dunque il contratto sia a tempo indeterminato,  appare più complessa la questione di come redigere la clausola relativa alla “indennità di fine rapporto”. Come è noto la Direttiva offre l’alternativa di optare per una indennità (art. 17.2 la c.d. “soluzione Tedesca”) o un risarcimento per il pregiudizio arrecato all’agent (art. 17.3, la c.d. “soluzione Francese”). Gli Inglesi hanno riconfermato il tradizionale approccio di common law, lasciando all’autonomia contrattuale delle parti la scelta tra le due opzioni. In carenza di una scelta espressa dei contraenti, la compensation è la scelta di default. Purtroppo la compensation, alla luce della giurisprudenza, è anche la scelta più costosa (il riferimento è al caso Lonsdale v Howard & Hallam Ltd. (Lonsdale (t/a Lonsdale Agencies) v. Howard & Hallam Ltd [2007] UKHL 32, 4 giugno 2007, consultabile su bailii.com e per il cui commento si rimanda al precedente post “LA TERMINATION DEI CONTRATTI DI AGENZIA IN INGHILTERRA E GALLES: IL COMMERCIAL AGENT TRA  INDEMNITY E COMPENSATION ALLA LUCE DELLA GIURISPRUDENZA”). Una prima possibilità semplice, ma probabilmente non particolarmente soddisfacente da un punto di vista di pianificazione commerciale, è quella di stipulare oggi dei contratti a tempo determinato e di durata relativamente breve, il cui termie sia destinato a scadere prima della prevedibile Brexit Date.

Da qui il suggerimento è quello di chiarire sempre nel contratto che l’agent al termine del rapporto contrattuale ha diritto ad una indemnity e non ad una compensation. Il problema, così facendo, è quello di come gestire la questione delle indennità in un contratto con un agente inglese sottoscritto oggi e destinato a durare a tempo indeterminato e quindi, presumibilmente prima e dopo la Brexit, quando le Regulations potrebbero non essere più in vigore. Una prima possibilità potrebbe essere quella di predisporre una clausola che disponga che l’indemnity sia dovuta al commercial agent inglese se ed in quanto all’atto della termination del contratto così preveda la normativa. In altre parole l’indemnity sarà dovuta se le Regulations siano ancora in vigore post Brexit, mentre ove esse dovessero venir abrogate nessuna indennità di sorta sarebbe dovuta all’agent, e ciò varrebbe per l’attività svolta durante tutta la durata del contratto, prima e dopo la Brexit.

  1. Consequence of Termination

1.1. The Agent shall not be entitled to any compensation or indemnity upon termination or expiry of this Agreement except to the extent provided for by any mandatory law and regulation in force at the time of such termination or expiry.

1.2. If such mandatory laws and regulations provide for a remuneration to the Agent upon termination,  but leave to the Parties the right to choose between compensation or indemnity, the Parties agree that any payment due by the Principal to the Agent under clause 1.1. above shall be by way of indemnity only. [In such event the indemnity amount shall be equal to an indemnity for one year calculated from the Agent’s average annual remuneration  over the five years preceding the Brexit  Date and if the contract goes back less than five years the indemnity shall be calculated on the average for the period before the Brexit Date].

1.3. The above provisions do not affect or prejudice the Agent’s right to claim damages if this contract is terminate due to a breach of contract by the Principal, as per art. [·] (Termination for breach”).

Ovviamente una simile soluzione è del tutto sbilanciata a favore del preponente e potrebbe non essere accettata di buon grado dal potenziale commercial agent inglese. Una soluzione più equilibrata può essere quella di prevedere che l’indennità maturi e sia dovuta soltanto fino alla Brexit Date, se ed in quanto la Brexit comporti e coincida con il venir meno delle Regulations ed il ritorno al precedente tradizionale regime dei sales representatives.

  1. Brexit Occurrence

1.1. If because of Brexit the Regulations are repealed and no mandatory law replacing them imposes anymore the payment of indemnity or compensation to the Agent upon termination, the Parties agree as follows:

(a) the Principal shall pay to the Agent an indemnity, and not a compensation, equal to a an indemnity for one year calculated from the Agent’s average annual remuneration  over the five years preceding the Brexit  Date and if the contract goes back less than five years the indemnity shall be calculated on the average for the period before the Brexit Date,

(b) the above mentioned indemnity shall be due only if and to the extent before the Regulations are repealed the Agent has performed in a way to comply with the provisions of art. 17 of the Regulations, and

(c) other than the indemnity under a) above, after the Brexit Date the Agent shall not have any right to further indemnity or compensation for the remaining duration of this Agreement.

Più complesso valutare gli effetti della Brexit sui contratti di concessione che, a differenza dei contratti di agenzia, non sono disciplinati da alcuna specifica normativa, né in Italia né tantomeno in Inghilterra, ma la cui pratica operatività nell’ambito dell’Unione Europea deve fare i conti con le norme poste  a tutela della concorrenza e specificatamente con quelle del  Reg. 330/2010 in tema di accordi verticali a cui ho già dedicato numerosi post dedicati ai suoi aspetti più importanti (hard-core restrictions,  Resale Price Maintenance, distribuzione esclusiva v. distribuzione selettiva, vendite attive v. vendite passive, concessionari e vendite a mezzo internet). Alla Brexit Date, quale che essa sia, il Reg. 330/2010 cesserà di produrre i suoi effetti e in Inghilterra le problematiche antitrust torneranno ad essere questione nazionale tutta Inglese. E’ assolutamente improbabile che l’Inghilterra “si inventi” delle soluzioni in tema di concorrenza eccentriche rispetto a quelle UE ma su determinati aspetti non si può escludere che potrebbe crearsi una qualche divaricazione interpretativa tra le due antitrust, quella UE e quella Inglese.

In questa situazione non mi sembra possibile formulare delle clausole da inserire nei contratti di concessione alla stregua di quelle sopra proposte per Long Term Supply Agreement Commercial Agency Agreement. Più semplicemente personalmente mi limiterei a predisporre una versione ad hoc del Dealership Agreement da proporre al potenziale dealer inglese che abbiamo individuato, limitando il più possibile l’inserimento di clausole contrattuali che siano la diretta traslazione di specifici punti del Regolamento piuttosto che dei relativi Orientamenti (e ciò peraltro presuppone che il preponente Italiano e i suoi sales manager, nell’operativa quotidiana e fino alla Brexit Date, continuino a rispettare le disposizioni del Regolamento).

Last but not least” occorre fare qualche ulteriore breve considerazione per i contratti ad oggi già sottoscritti tra due controparti, l’una italiana e l’altra inglese, presumibilmente privi di clausole specificamente dedicate un evento eccezionale quale è la Brexit. Che fare dunque se l’originario equilibrio contrattuale e gli stessi presupposti che avevano portato alla sottoscrizione del contratto, risultassero radicalmente compromessi dalla Brexit? Se il contratto fosse disciplinato dalla legge italiana, a seconda delle circostanze, si potrebbe forse fare riferimento all’eccessiva onerosità o alla c.d. presupposizione, mentre nel diritto inglese ci si interroga sulla possibilità di sfuggire ad eventuali conseguenze non volute della Brexit fidando su eventuali clausole di forza maggiore piuttosto che di hardship o di material adverse change (sulle mac clauses si veda il post già pubblicato MAC CLAUSES: CONTRATTI DI ACQUISIZIONE E MATERIAL ADVERSE CHANGE) La risposta, da quel che leggo e che comprendo, per quel poco che conosco di diritto inglese,  condivido, sembrerebbe essere negativa,  almeno con riferimento alla forza maggiore e alle mac clauses. Se le circostanze del caso concreto lo permettessero, ma mi sembra un’ipotesi del tutto residuale, per il contratto “colpito” dalla Brexit, si potrebbe ipotizzare di avvalersi della c.d. frustration[3], che potremmo assimilare, ma solo per immediata comprensione, alla nostra presupposizione.

Nella realtà di tutti i giorni, in carenza di specifiche “Brexit clauses” le uniche vere “via di fuga” mi sembrano essere rappresentate da una modifica contrattuale negoziata tra i due contratti, o in carenza di un simile accordo, la risoluzione anticipata o il recesso del contratto prima della Brexit Date (che, almeno questa è una fortuna non è dietro l’angolo), ove l’andamento delle negoziazioni tra  UE e Inghilterra fosse tale da far ritenere opportuno porre termine a un contratto destinato a non essere più profittevole.

———————————————————————————————————————————————————

R (Miller) v. Secretary of State fr Exiting the European Union – Summary of the judgement of the Divisional Court

https://www.judiciary.gov.uk/wp-content/uploads/2016/11/summary-r-miller-v-secretary-of-state-for-exiting-the-eu-20161103.pdf

Articolo 50 Trattato sull’unione Europea (Versione Consolidata)

  1. Ogni Stato membro può decidere, conformemente alle proprie norme costituzionali, di recedere dall’Unione.
  2.  Lo Stato membro che decide di recedere notifica tale intenzione al Consiglio europeo. Alla luce degli orientamenti formulati dal Consiglio europeo, l’Unione negozia e conclude con tale Stato un accordo volto a definire le modalità del recesso, tenendo conto del quadro delle future relazioni con l’Unione. L’accordo è negoziato conformemente all’articolo 218, paragrafo 3 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea. Esso è concluso a nome dell’Unione dal Consiglio, che delibera a maggioranza qualificata previa approvazione del Parlamento europeo.
  3. I trattati cessano di essere applicabili allo Stato interessato a decorrere dalla data di entrata in vigore dell’accordo di recesso o, in mancanza di tale accordo, due anni dopo la notifica di cui al paragrafo 2, salvo che il Consiglio europeo, d’intesa con lo Stato membro interessato, decida all’unanimità di prorogare tale termine.
  4. Ai fini dei paragrafi 2 e 3, il membro del Consiglio europeo e del Consiglio che rappresenta lo Stato membro che recede non partecipa né alle deliberazioni né alle decisioni del Consiglio europeo e del Consiglio che lo riguardano.

Per maggioranza qualificata s’intende quella definita conformemente all’articolo 238, paragrafo 3, lettera b) del trattato sul funzionamento dell’Unione europea.

  1. Se lo Stato che ha receduto dall’Unione chiede di aderirvi nuovamente, tale richiesta è oggetto della procedura di cui all’articolo 49.

 

® riproduzione riservata – Dicembre 2016

[1] Anche in caso di Brexit questa clausola potrebbe essere in parte già cautelativa per il fornitore italiano (manca la parte dedicata ai costi connessi con la eventuale modifica /l’adattamento dei prodotti ad eventuali norme omologative / tecniche introdotte in UK post Brexit), ma soltanto se l’Incoterm scelto dalle parti fosse “EXW Italian Plant”. In questo caso eventuali oneri doganali e dazi all’importazione verrebbero comunque addossati al compratore inglese a cui comporterebbe sopportare tutti gli oneri e i costi ad essi connessi (e, in virtù del punto 1.1. d) il Product Price si intende al netto dell’IVA che il fornitore dovrebbe applicare alla vendita ad un soggetto Inglese, ormai divenuto “extracomunitario”).

[2] Il testo dell’art. 50 è riportato al fondo di questo post.

[3] L’estinzione del contratto in conseguenza del verificarsi di una causa che fa venir meno per entrambe le parti per entrambe le parti o lo stato di fatto che esse avevano previsto all’atto della sottoscrizione del contratto.

Articoli raccomandati

Start typing and press Enter to search