IL REG. 330/2010 UE IN TEMA DI ACCORDI VERTICALI E CONTRATTI DI CONCESSIONE: LE PARFUMERIE AKZENTE (E IL BUNDESKARTELLAMT…) ALL’ATTACCO DELLA DISTRIBUZIONE SELETTIVA? I CONCESSIONARI (SELETTIVI) POSSONO VENDERE SU AMAZON, E-BAY ECC.? ALLA CORTE DI GIUSTIZIA UE LA RISPOSTA.

Il contratto di concessione, a differenza del contratto di agenzia, è un contratto atipico in quanto il Codice Civile Italiano non ne dispone una specifica disciplina”. Vero. O forse no,  considerato che, almeno nell’ambito della UE, le norme in tema di accordi verticali poste a tutela della concorrenza nel mercato europeo da tempo hanno identificato una serie di limitazioni a condizioni, termini e modalità che il Preponente/ Concessionario può imporre ai suoi Distributori/Concessionari, finendo quasi per dettare una disciplina “tipizzata” dei Contratti di Concessione UE, oggi sostanziata dal Reg. (UE) N. 330/2010 della Commissione del 20 Aprile 2010 relativo all’applicazione dell’articolo 101 par. 3 del TFUE a categorie di accordi verticali e pratiche concordate.

Ho già pubblicato numerosi post dedicati al Reg. 330/2010 ove ho cercato di riassumerne i contenuti. Questo post è dedicato agli ulteriori possibili sviluppi giurisprudenziali in tema di Distribuzione Selettiva, e in particolare, all’interpretazione di quanto disposto dall’art. 4. c) del Reg. 330/2010, una delle hard-core restrictions, che, se inserite in un contratto di distribuzione, si presumono avere effetti anticoncorrenziali tali quindi da eliminare il beneficio dell’esenzione di gruppo altrimenti prevista dal Reg. 330/2010. In estrema sintesi l’articolo in questione prevede che il concedente/ preponente non può vietare al concessionario selettivo di effettuare vendite attive e passive agli utenti finali, ovunque essi siano ubicati, e quindi anche al di fuori della zona ove il concessionario abbia il proprio punto vendita fisico (“bricks e mortar shop”). Giova qui ricordare che, nell’ambito dell’Unione Europea sono molti i settori merceologici ove i concedenti/preponenti distribuiscono i loro prodotti attraverso sistema di distribuzione selettiva (fashion e lusso, cosmetici e parafarmaceutici, elettronica di alta gamma, per non dimenticare poi l’automotive).

La diretta conseguenza dell’entrata in vigore del Reg. 330/2010 è stata quella di chiarire definitivamente che in un sistema di distribuzione selettiva i Distributori/Concessionari possono utilizzare internet per promuovere le vendite dei prodotti di cui sono distributori a utenti finali ovunque ubicati nella UE, lasciando ai Preponenti/Concedenti scarsi poteri in merito (si vedano in particolare i post che ho qui pubblicato, REG. . (UE) 330/10 – CONTRATTI DI CONCESSIONE UE E VENDITE VIA INTERNET FUORI DALLA ZONA ASSEGNATA AL CONCESSIONARIO – PRIMA E SECONDA PARTE).

All’atto dell’emanazione del Reg. 330/2010 le Guidelines che le accompagnavano (“Orientamenti sulle restrizioni verticali” del 10 maggio 2010), nell’illustrare la restrizione dell’art.4. c) (parr.54-57 Guidelines), dopo aver riaffermato che il “rivenditore (i.e. il concessionario) dovrebbe essere libero di vendere, in modo sia attivo che passivo, a tutti gli utenti finali, anche mediante Internet” (par. 56), si limitavano a concentrare l’attenzione sul diritto dei concessionari di utilizzare i loro siti Internet, senza che ciò potesse essere assimilato “all’apertura di un nuovo punto di vendita in una sede diversa” (questo sì proibito proprio dall’art. 4 c) del Reg.330/2010).

A distanza di sei anni Internet è ancora di moda, ed anzi i Distributori/Concessionari “selettivi” hanno scoperto che, ancor più che sui loro siti Internet, le vendite agli utenti finali, attive o passive che siano, possono essere meglio promosse utilizzando le piattaforme di vendita in-line (Amazon piuttosto che E-Bay, per intendersi), il che ovviamente non ha reso particolarmente felici i Preponenti/Concedenti, in quanto la vendita on-line viene da essi percepita come potenzialmente dannosa per l’immagine dei loro prodotti e dei marchi che li caratterizzano.

In diversi casi i Preponenti/Concedenti hanno dunque inserito nei loro contratti di concessione standard il divieto di utilizzare piattaforme di vendita on-line (tradotto in parole povere “Caro Distributore selettivo utilizza pure il tuo sito web per promuovere vendite (attive o passive) a clienti UE ma non mettere i miei fantastici profumi di alta gamma su e-bay e simili”). Ovviamente i Distributori non hanno ben accolto tale proibizione, specialmente in Germania, e la questione è finita di fronte ai Tribunali e al Bundeskartellamt, l’Antitrust Tedesca, che si è espressa contro una simile proibizione, ritenendo che essa sostanziasse una restrizione fondamentale di cui all’art. 4 c) del Reg. 330/2010 (il caso è quello della ASICS – scarpe sportive da corsa – che è possibile consultare all’indirizzo web qui sotto riportato. Asics ha comunque proposto appello contro la decisione del Bundeskartellamt). Molto più incerta la posizione della giurisprudenza, con i Tribunali divisi sulla legittimità della proibizione di vendite su piattaforme di vendite on-line.

Tra i casi tuttora pendenti in Germania vi è quello che vede contrapposti la Coty Inc., produttrice di profumi che per l’appunto distribuisce i suoi prodotti nella UE attraverso un sistema di distribuzione selettiva, e un suo concessionario Tedesco, la  Parfumerie Akzente GmbH (“Akzente”). La controversia trae origine dal contratto di distribuzione introdotto dalla Coty nel 2012 che prevedeva il divieto di vendere i prodotti Coty su piattaforme on-line, proibizione non rispettata dal convenuto, Akzente che vendeva i profumi della Coty su amazon.de. In primo grado il Tribunale di Francoforte ha respinto il claim della Coty, ritenendo che la specifica clausola del contratto di concessione violasse la normativa antitrust e fosse quindi inefficace. Coty non si è persa d’animo, ha fatto ricorso in appello. La Corte di Appello di Francoforte, considerata l’incertezza della giurisprudenza ha presentato una richiesta di “preliminary ruling“ in merito alla legittimità dell’eventuale divieto di vendere su piattaforme di vendita on-line imposto dal Preponente/Concessionario ai membri del suo sistema di distribuzione selettiva (chiedendo pure se la protezione di un brand fashion luxury giustifichi l’adozione da parte del Preponente/ Concessionario di un sistema distributivo selettivo) (Caso C-230/16 Coty Germany).

Probabilmente la decisione della Corte di Giustizia non arriverà prima di un anno e quindi non ci resta che aspettare. Possiamo però fare qualche considerazione: il Reg. 330/2010, sulla scia del precedente Reg. 2790/1999, concede già un’ampia discrezionalità ai concessionari nell’utilizzo di Internet quale strumento per promuovere la vendita dei prodotti all’interno dell’Unione Europea. Va comunque ricordato che all’atto della sua emanazione, l’attenzione, anche quella delle Guidelines era concentrata sulla possibilità del Concessionario di utilizzare Internet, ben potendo “i rivenditori operanti in un sistema di distribuzione selettiva …non possono essere impose restrizioni riguardo agli utenti o agli agenti incaricati di tali acquisti per conto degli utenti, ai quali essi possono vendere, tranne per proteggere un sistema di gestione esclusiva gestito altrove” (par. 56 Guidelines).  Mi sembra che qui la parola chiave sia “agenti incaricati”. E dunque il quesito riguarda la qualificazione di piattaforme di vendita on-line. Amazon o E-Bay possono essere considerati “agenti incaricati di tali acquisti per conto degli utenti”?. Personalmente risponderei negativamente, in quanto prima che per conto degli utenti, essi operano per conto dei distributori/venditori, e quindi al più sono “agenti di vendita”.   Più in generale mi sembra che l’apertura all’utilizzo di Amazon, E-Bay e simili nella realtà consentirebbe ai singoli distributori selettivi di crearsi una propria rete di sub-distributori (le piattaforme on-line per l’appunto), senza alcun collegamento con i Preponenti/ Concessionari, il che nella sostanza farebbe anche venir meno la logica del diritto del Preponente di proibire ai concessionari selettivi si svolgere la loro attività in “luoghi di stabilimento” non autorizzati. A questo punto non ci sarebbe più la necessità di imporre un solo “bricks and mortar shop”. Al concessionario, più che un luogo fisico di vendita e di esposizione, basterebbe un magazzino: Target e Mercato? Varrebbe la pena di ridefinire entrambi: gli utenti finali in tutto il mercato unico UE (fatta la dovuta eccezione per il divieto di vendere in una sona UE riservata al preponente o a un distributore esclusivo). Forse stiamo correndo troppo …..

DISTRIBUZIONE SELETTIVA – “un sistema di distribuzione nel quale il fornitore (i.e. il Concedente/Preponente) si impegna a vendere i beni o servizi oggetto del contratto, direttamente o indirettamente, solo a distributori selezionati sulla base di criteri specificati (i.e. criteri qualitativi e/o quantitativi) e nel quale questi distributori si impegnano a non vendere tali beni o servizi a rivenditori non autorizzati nel territorio che il fornitore ha riservato a tale sistema” (art.1 e) Reg.330/2010).

ART. 4.c) Reg. 330/2010 (Restrizioni che eliminano il beneficio dell’esenzione per categoria — restrizioni fondamentali) “L’esenzione di cui all’articolo 2 non si applica agli accordi verticali che …….hanno per oggetto quanto segue: c) la restrizione delle vendite attive o passive agli utenti finali da parte dei membri di un sistema di distribuzione selettiva operanti nel commercio al dettaglio, fatta salva la possibilità di proibire ad un membro di tale sistema di svolgere la propria attività in un luogo di stabilimento autorizzato”.

La decisione del Bundeskartellamt nel caso ASICS può essere letta al seguente indirizzo web

http://www.bundeskartellamt.de/SharedDocs/Entscheidung/EN/Fallberichte/Kartellverbot/2016/B2-98-11.pdf?__blob=publicationFile&v=2

© Marco Bianchi Maggio 2016 – riproduzione riservata

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