DISTRIBUZIONE SELETTIVA E E-COMMERCE: L’” OPINION” DELL’AVVOCATO GENERALE WAHL NEL CASO COTY
Il 26 Luglio scorso l’Avvocato Generale Wahl ha depositato la sua “Opinion” nel caso “Coty de France” pendente di fronte alla Corte di Giustizia (1) (alla vicenda ho già dedicato un post: “IL REG. 330/2010 UE IN TEMA DI ACCORDI VERTICALI E CONTRATTI DI CONCESSIONE: LE PARFUMERIE AKZENTE (E IL BUNDESKARTELLAMT…) ALL’ATTACCO DELLA DISTRIBUZIONE SELETTIVA? I CONCESSIONARI (SELETTIVI) POSSONO VENDERE SU AMAZON, E-BAY ECC.? ALLA CORTE DI GIUSTIZIA UE LA RISPOSTA.”).
Il caso “Coty” e i quesiti sottoposti alla Corte di Giustizia
Il caso trae origine dalla decisione del Landgericht Frankfurt am Main, a cui si era rivolta la Coty, di considerare contraria all’articolo 101.1 TFUE e all’art.1 del Gesetz gegen Wettbewerbsbeschränkungen (legge contro le restrizioni della concorrenza) la clausola del contratto di concessione della Coty che vietava ai suoi concessionari autorizzati di vendere i prodotti contrattuali utilizzando le piattaforme di vendita on line (i.e. Amazon, E-Bay, e simili) e che Coty aveva cercato di far valere nei confronti di un suo concessionario Tedesco, la Akzente per l’appunto.
L’Oberlandesgericht Frankfurt am Main, di fronte a cui la Coty aveva proposto appello per vedere riformata la sentenza del Tribunale di primo grado, ha presentato domanda di pronuncia pregiudiziale alla Corte di Giustizia, sottoponendole le seguenti questioni pregiudiziali.
Questione Pregiudiziale 1 – Se i sistemi di distribuzione selettiva possano costituire un elemento di concorrenza compatibile con l’art..101.1 TFUE.
In caso di risposta affermativa:
Questione Pregiudiziale 2 – Se sia compatibile con l’art.101.1 TFUE il divieto generale imposto ai membri di un sistema di distribuzione selettiva di servirsi, per le vendite a mezzo Internet, di piattaforme di vendita on line senza che rilevi, nel caso specifico, il mancato soddisfacimento dei legittimi requisiti di qualità posti dal produttore.
Questione Pregiudiziale 3 – Se un simile divieto debba interpretarsi, ai sensi dell’art.4b), del Reg. (UE) 330/2010 come una restrizione per oggetto della clientela del distributore selettivo.
Questione Pregiudiziale 4. Se un simile divieto, ai sensi dell’art.4c), del Reg. (UE) 330/2010 costituisca una restrizione per oggetto delle vendite passive agli utenti finali.
Nel caso sono intervenuti diversi Stati UE: a favore della tesi di Coty si sono espressi Francia, Italia, Olanda, Austria e Svezia e la stessa Commissione UE, mentre Akzente ha ottenuto il sostegno di Germania e Lussemburgo.
L’” Opinion” dell’Avvocato Generale Wahl
L’” Opinion” oltre alle risposte ai quesiti sottoposti alla Corte di Giustizia (o quantomeno di quelle che dovrebbero essere le risposte secondo Wahl) contiene una serie di considerazioni di estremo interesse, peraltro argomentate sulla base della consolidata giurisprudenza comunitaria. Cerco di sintetizzare le une e le altre qui di seguito:
(a) La concorrenza sul piano dei prezzi, pur se importante, non costituisce la sola forma efficace di concorrenza né quella cui si debba dare in ogni caso la preminenza assoluta (2) . E quindi è possibile che la concorrenza sui prezzi sia limitata a vantaggio di quella riguardante fattori diversi dai prezzi, quali, ad esempio, l’esigenza di fornire prestazioni specifiche per prodotti di alto livello qualitativo e tecnologico, l’ottimizzazione della qualità di tali prestazioni e dei prodotti a cui esse si riferiscono, nonché la necessità di stimolare l’innovazione (3).
(b) la Corte di Giustizia ha chiaramente riconosciuto, a partire dalla sentenza Metro del 1977, la legalità, alla luce del diritto della concorrenza, dei sistemi di distribuzione selettiva basati su criteri qualitativi (4) che rispondano ai requisiti pure identificati dal tale sentenza (5) . A ciò si aggiunga che gli Orientamenti che accompagnano il Reg. (UE) 330/2010, seppur non impegnativi per le autorità della concorrenza e i giudici degli Stati membri, affermano al par. 176 che gli accordi di distribuzione selettiva, sia qualitativa che quantitativa, beneficiano dell’esenzione prevista dal Reg. (UEE) 330/2010 e ciò «a prescindere dalla natura del prodotto in questione e del criterio di selezione» (6) . E anzi possibile ritenere che i sistemi di distribuzione selettiva producano, in generale, effetti neutri, o addirittura benefici, dal punto di vista della concorrenza (7).
(c) il fatto che un accordo di distribuzione selettiva dia eventualmente luogo ad uno squilibrio tra i contraenti, in particolare a discapito del distributore autorizzato, non comporta di per sé effetti restrittivi della concorrenza. A tale proposito l’Avv. Wahl sottolinea che l’art. 101.1 non ha lo scopo di disciplinare o vietare taluni obblighi contrattuali tra concedente e concessionario, ma riguarda essenzialmente le conseguenze economiche di tali obblighi e quindi il loro impatto sulla concorrenza (8).
(d) la sentenza Pierre Fabre, e in particolare il suo par.46 (9) , riguarda esclusivamente la clausola contrattuale con cui la Pierre Fabre imponeva un divieto assoluto ai suoi concessionari di vendere i prodotti contrattuali via Internet. In quell’occasione il mero fatto che l’inserimento di detta clausola sia stato motivato dalla necessità di preservare l’immagine di prestigio dei prodotti in questione non è stato considerato dalla Corte come un obiettivo legittimo per restringere la concorrenza. Tuttavia, a differenza di quanto sostenuto da Akzente, con il concorso di Lussemburgo e Germania, ciò non significa che la Corte abbia inteso sottoporre a priori al divieto delle intese di cui all’articolo 101, paragrafo 1, TFUE i sistemi di distribuzione selettiva che mirano proprio a preservare l’immagine di marca dei prodotti interessati (10).
(e) Non vi è dubbio che le piattaforme on-line siano in grado di presentare prodotti in maniera tal da metterne in evidenza le caratteristiche di qualità. Tuttavia è soltanto il rapporto contrattuale tra loro esistente che consente al fornitore/concedente di imporre il rispetto dei criteri qualitativi ai concessionari autorizzati, cosa che il concedente non potrebbe fare con gestori terzi le cui pratiche sfuggono alla sua influenza (11).
Alla luce delle considerazioni sopra riassunte, le risposte prospettate dall’Avvocato Generale Wahl alle questioni pregiudiziali formulate dall’Oberlandesgericht Frankfurt am Main sono le seguenti:
Questione Pregiudiziale 1: “I sistemi di distribuzione selettiva relativi alla distribuzione di prodotti di lusso e di prestigio e volti principalmente a preservare l’«immagine di lusso» di detti prodotti costituiscono un elemento di concorrenza conforme all’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, a condizione che i rivenditori vengano scelti sulla base di criteri oggettivi di natura qualitativa stabiliti in maniera uniforme per tutti e applicati in modo non discriminatorio per tutti i potenziali rivenditori, che la natura del prodotto in questione, ivi compresa l’immagine di prestigio, richieda una distribuzione selettiva al fine di preservarne la qualità e di assicurarne l’uso corretto, e che i criteri stabiliti non vadano oltre il necessario”. Tenuto conto delle considerazioni che ho prima riassunto, non ci si può sorprendere della risposta. In estrema sintesi il ragionamento dell’Avvocato General Wahl (parr.59-93) poggia sull’interpretazione della decisione Pierre Fabre e sulla conferma dei requisiti della distribuzione selettiva da tempo identificati dalla consolidata giurisprudenza comunitaria. Aggiungo, ma è una mia personale opinione, che non vedo come Wahl avrebbe potuto fornire una opinione diversa, considerato che il Reg. (UE) 330/2010, che, per inciso, rimarrà in vigore fino al 2022, all’art.4 prevede alcune restrizioni fondamentali proprio relative ai sistemi di distribuzione selettiva, riconoscendone implicitamente, la legittimità, ovviamente entro i limiti e alle condizioni identificate dal Regolamento.
Questione Pregiudiziale 2 – Il divieto generale imposto ai membri di un sistema di distribuzione selettiva di servirsi, per le vendite a mezzo Internet, di piattaforme di vendita on line è compatibile con l’art.101.1 TFUE e spetta al giudice del rinvio (in questo caso l’Oberlandesgericht Frankfurt am Main) verificare se tale clausola contrattuale corrisponde ai criteri identificati dalla giurisprudenza comunitaria (i.e. i c.d. “Criteri Metro”) (12). Wahl giunge a tale conclusione attraverso una serie di considerazioni, a partire dalla differenza tra la clausola esaminata nel caso Pierre Fabre, che pretendeva di imporre ai concessionari un divieto assoluto di vendere i prodotti contrattuali via internet, e quella del contratto di concessione Coty contestata da Akzente che riguardava il solo divieto di vendita per il tramite di piattaforme di vendita on line di terzi (e quindi senza proibire in alcun modo al concessionario (selettivo) di vendere i prodotti contrattuali sul suo sito internet – vendite attive e passive a utenti finali -, che peraltro deve anch’esso rispondere ai criteri qualitativi fissati dal concedente). Sintetizzando l’articolata opinione resa dall’Avvocato Generale su questa seconda questione, Wahl ritiene che “il divieto di servirsi di denominazioni di imprese terze possa essere giustificato dall’obiettivo di preservare e di controllare i criteri di qualità, che esige in particolare la fornitura di determinati servizi in occasione della vendita dei prodotti nonché una presentazione specifica dei prodotti venduti”, in quanto tale divieto “può essere in grado di preservare le garanzie di qualità, di sicurezza e di identificazione di origine del prodotto, obbligando i distributori al dettaglio a fornire prestazioni di servizi di un certo livello nel corso della vendita dei prodotti oggetto del contratto. Tale divieto consente inoltre di mantenere la protezione e il posizionamento dei marchi rispetto ai fenomeni di contraffazione e parassitismo, che sono idonei a produrre effetti restrittivi della concorrenza” (13) .
Questioni Pregiudiziali 3 e 4 – Nella sostanza la domanda sottesa alla due questioni concerne la possibilità di considerare il divieto generale imposto ai membri di un sistema di distribuzione selettiva di servirsi, per le vendite a mezzo Internet, di piattaforme di vendita on line alla stregua di una restrizione per oggetto concernente (i) il territorio ove, o la clientela a cui il concessionario autorizzato può vendere i prodotti contrattuali, o (ii) una restrizione al diritto del concessionario autorizzato di effettuare vendite passive agli utenti finali. Se questo fosse il caso, la clausola del contratto di concessione Coty costituirebbe una restrizione fondamentale (“hard-core restriction”) rispettivamente ai sensi dell’art. ex art.4 (b) e dell’art. 4 (c) del Reg. (UE) 330/2010, il ché farebbe venir meno l’esenzione prevista dal Regolamento stesso e far presumere che tale clausola violi il disposto dell’art. 101.1 TFUE.
Secondo l’opinion dell’Avvocato Generale Wahl in realtà il divieto imposto da Coty, in entrambi i casi, non può essere interpretata alla stregua di una hardcore restriction (14) ex Reg. (UE) 330/2010, in quanto:
(i) Come chiarito dagli Orientamenti (par.50) l’art.4 (b) si riferisce alle misure di ripartizione di mercato o di clientela che tendono a compartimentare i mercati, e nulla nella clausola Coty indica che essa debba essere qualificata in tal modo. Ciò in quanto tale clausola non esclude qualsiasi vendita on-line, ma solo una delle possibili modalità di vendita via Internet, A differenza delle clausole contrattuali esaminate nel caso Pierre Fabre, la clausola Coty non impedisce ai potenziali clienti di accedere, via internet, all’offerta dei concessionari autorizzati ma ha lo scopo di proteggere le caratteristiche qualitative dei prodotti contrattuali e del brand del concedente/produttore.
(ii) La clausola Coty non proibisce in alcun modo le vendite passive, e quindi non costituisce una restrizione fondamentale ai sensi dell’art. 4 (c).
Conclusioni e commenti
Personalmente concordo con le risposte ipotizzate nell’Opinion dell’Avvocato Generale Wahl. Nell’articolo che l’anno scorso avevo dedicato alla controversia tra la Coty e la Akzente concludevo con questa considerazione, pure riecheggiata nell’Opinion di Wahl “l’apertura all’utilizzo di Amazon, E-Bay e simili nella realtà consentirebbe ai singoli distributori selettivi di crearsi una propria rete di sub-distributori (le piattaforme on-line per l’appunto), senza alcun collegamento con i Preponenti/ Concedenti, il che nella sostanza farebbe anche venir meno la logica del diritto del Preponente di proibire ai concessionari selettivi di svolgere la propria attività in locali diversi da quelli “bricks and mortar shop”….. al concessionario, più che un luogo fisico di vendita e di esposizione, basterebbe un magazzino”.
In realtà l’accoglimento della tesi sostenuta da Akzente avrebbe significato per i singoli concessionari la possibilità, utilizzando le piattaforme on-line alla stregua di agenti di vendita, di crearsi una sorta di proprio autonomo sistema distributivo, “lontano” e indipendente, non controllato e non controllabile dai preponenti/concedenti, ai quali sarebbero invece rimasto l’onere degli investimenti per assicurare la qualità dei prodotti e la loro promozione sui mercati (e non è dunque un caso che l’Avvocato Generale al par. 101 della sua “opinion” accenni alle ipotesi di contraffazione e parassitismo).
E dunque l’accoglimento della tesi sostenuta da Akzente, con il sostegno di Germania e Lussemburgo, avrebbe contribuito a minare il concetto stesso di distribuzione selettiva, la cui diffusione è invece aumentata, come risulta dalla Relazione della Commissione UE del 10 maggio scorso. La Relazione prende atto che un tale aumento è giustificato dal fatto che la distribuzione selettiva consente ai concedenti/manufacturer di preservare l’immagine e la reputazione del proprio brand e di evitare, o quantomeno ridurre, il c.d. “free riding” dei canali di vendita on-line che altrimenti si avvantaggerebbero degli investimenti effettuati dai distributori tradizionali (“bricks and mortar shops”) (si veda il mio precedente articolo “LA RELAZIONE DELLA COMMISSIONE UE DEL 10 MAGGIO 2017 SULL’INDAGINE SUL COMMERCIO ELETTRONICO E IL SUO POSSIBILE IMPATTO SUI CONTRATTI DI CONCESSIONE E SULLE VENDITE ONLINE”).
Le conclusioni di Wahl sono comunque in linea con quelle della Relazione secondo cui “i risultati dell’indagine settoriale indicano che i divieti (assoluti) di vendita tramite marketplace non sono considerati restrizioni fondamentali ai sensi dell’articolo 4, lettere b), e c), del regolamento di esenzione”. Adesso resta solo da vedere se e quanto la Corte di Giustizia farà proprie le conclusioni dell’Avvocato Generale Wahl, ma, come si suol dire, di solito “non c’è due senza tre”.
Un ultimo personale commento. Nel 2003 per motivi professionali ho dovuto occuparmi del Reg.1400/2002, relativo all’applicazione dell’articolo 81, paragrafo 3 (oggi 101.3 TFUE), del trattato a categorie di accordi verticali e pratiche concordate nel settore automobilistico. In allora ero arrivato a concludere che sarebbe stato quasi più utile se la Commissione avesse allegato al Regolamento un “Contratto di Concessione Standard”(15) , considerata la minuziosa invasività di tale Regolamento, troppo spesso fondata su assunti apodittici e obiettivi che si sono poi rivelati del tutto teorici e troppo spesso lontani dalla operatività industriale ed economica del settore e dei concessionari “automotive”. Oggi mi ha fatto piacere leggere il passo della “Opinion” ove Wahl scrive che lo scopo dell’art. 101.1 TFUE non è quello di disciplinare o a vietare taluni obblighi contrattuali liberamente concordati ma riguarda essenzialmente le conseguenze economiche di tali clausole dal punto di vista della concorrenza. Se Wahl avesse scritto tali parole nel 2003 forse mi sarei risparmiato tanta fatica …
L’” OPINION” DELL’AVVOCATO GENERALE WAHL
http://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?text=&docid=193231&pageIndex=0&doclang=it&mode=req&dir=&occ=first&part=1&cid=263750
LA DOMANDA DI PRONUNCIA PREGIUDIZIALE PROPOSTA DALL’OBERLANDESGERICHT FRANKFURT AM MAIN
http://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?text=&docid=181755&pageIndex=0&doclang=it&mode=req&dir=&occ=first&part=1&cid=263750
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NOTE
- Coty Germany GmbH v Parfumerie Akzente GmbH – C-230/16
- Metro SB-Großmärkte v.Commissione –C-167/77:167, punto 21)
- Opinione Wahl parr.32-33 e par. 46.
- Vedi sentenza Metro punto 20.
- I “Criteri Metro” sono i seguenti: i) i prodotti contrattuali, per il loro elevato livello qualitativo o tecnologico, richiedono un sistema di distribuzione selettiva, così da conservarne la qualità e garantirne l’uso corretto, (ii) la scelta dei distributori deve avvenire secondo criteri oggettivi di carattere qualitativo, stabiliti indistintamente per tutti i rivenditori potenziali e applicati in modo non discriminatorio, e (iii) i criteri definiti non devono andare oltre i limiti del necessario.
- Opinione Wahl par. 16.
- Opinione Wahl parr. 63-64.
- Opinione Wahl par. 48.
- Sentenza del 13 ottobre 2011, Pierre Fabre Dermo-Cosmétique (C 439/09) Par.46 “L’obiettivo di preservare l’immagine di prestigio non può rappresentare un obiettivo legittimo per restringere la concorrenza e non può quindi giustificare che una clausola contrattuale diretta ad un simile obiettivo non ricada nell’art. 101, n. 1, TFUE.”.
- Opinione Wahl par.61 e 62 e parr.78-84.
- Opinione Wahl par. 16.
- Opinione Wahl par. 122.
- Opinione Wahl rispettivamente par. 101 e par. 102
- Opinione Wahl par. 140-151 e 152-156)
- Marco Bianchi “Un primo commento al nuovo Regolamento Auto”, Contratto e Impresa / Europa, pagg.28-37, Cedam, 2003.
© Marco Bianchi – Agosto 2017 – riproduzione riservata