RECENSIONE: GIANRICO CAROFIGLIO – CON PAROLE PRECISE BREVIARIO DI SCRITTURA CIVILE– EDITORI LATERZA, 2017

Prima Parte Con parole precise 1. Tutto sta nella parola 2. Il potere delle metafore. 3. La democrazia vive di parole precise. 4. Parlare oscuro ognuno lo sa fare, chiaro pochissimi. Seconda Parte Breviario di scrittura civile 1. Le virtù della scrittura leale. 2. Farsi capire 3. Niente parole inutili. 4. Linearità. 5. Concretezza. 6. Sinonimi e contrari. 7. Le parole degli altri. Pag. 167, € 10.
Seppur con ritardo riesco a recensire questo bellissimo libro di Gianrico Carofiglio. Non si tratta di un libro dedicato all’internazionalizzazione delle imprese o ai contratti interazionali e, a rigore, non è neppure un libro giuridico e potrebbe sorgere spontanea la domanda sul perché lo recensisco su questo sito.

Lo faccio perché a mio modo di vedere è un libro essenziale per i giuristi. “Con parole precise” dunque. Ma i giuristi come usano le parole? Personalmente condivido quello che Carofiglio scrive nella prefazione: “Oggi la scrittura dei giuristi è per lo più un esempio negativo di imprecisione e di oscurità”.

Tale approccio, che capita di ritrovare nelle leggi, negli atti, nelle sentenze, e anche nei contratti, comporta un uso distorto delle parole che nega la loro funzione primaria che è quella di comunicare. Comunicare con gli altri. Ma, mi domando, che cosa comunica una scrittura “imprecisa ed oscura”? La nostra confusione, la volontà di non comunicare quello che sappiamo, o crediamo di sapere (“il sapere è potere”)? Oppure la nostra incapacità di scegliere una tesi, di esternare una interpretazione univoca, di prendere una decisione? E penso a tanti contratti che mi è capitato di ricevere, tutti ispirati al “restiamo sul vago, utilizziamo termini oscuri, così all’occorrenza, potremo sostenere l’interpretazione che più ci conviene”, o a pareri legali che sembravano ispirati al motto della sibilla cumana, “ibis redibis non morieris in bello“. Il potere di una virgola mancante, davvero.

Il messaggio, e il desiderio di Carofiglio sta nel titolo del libro: “parole precise”, e cioè parole, chiare, limpide, utili, che costituiscano i fondanti di una scrittura civile, che favorisca la circolazione dei fatti e delle idee e non confonda e non distorca le parole che esprimono gli uni e le altre: le “parole precise” e la “scrittura civile” come strumenti ed artefici di etica e democrazia.

Il libro si compone di due parti: la prima è, per così dire, quella più “filosofica”, dove Carofiglio riflette sulla parola, da quella della poesia a quella della letteratura, passando da Neruda a Tolstoj e Simenon, per arrivare alle parole della politica ed all’uso della metafora fatto dai politici, da Bersani a Renzi e poi a Berlusconi. Nell’ultima pagina di questa prima parte alcune parole che introducono la parte successiva, quella che più direttamente riguarda il linguaggio giuridico e che mi sembra utile riportare:” La lingua dei giuristi non è quella che usano gli altri italiani…. Lo sanno bene quelli che maneggiano quotidianamente il linguaggio giuridico – avvocati, notai, magistrati, legislatori, funzionari – ma di rado si pongono il problema di comunicare in modo esauriente e comprensibile. Chi entra in contatto solo occasionalmente con il linguaggio giuridico avverte un senso di estraneità quado non di ostilità …L’unica strada … è che i primi si rendano conto che farsi capire è un loro dovere, etico prima ancora che professionale. I secondi che capire è un diritto…”.

Il percorso della seconda parte è quello scandito dai titoli dei singoli capitoli: le virtù della scrittura leale (efficacia e qualità estetica) farsi capire (da incorniciare a pag. 69 le parole tratte dalle Federal Plain Language Guidelines Americane) niente parole inutili (KISS – keep it simple, stupid) linearità (paragrafi brevi e consequenziali) concretezza, sinonimi e contrari. In questa seconda parte Carofiglio ha inserito una serie di testi tratti da atti, comparse e verbali d’udienza (veri). Probabilmente nella nostra quotidianità non ci faremmo troppo caso ma nel contesto del libro i testi appaiono nella loro disarmante artificiosa e confusa prolissità. Provate a leggere il passo riportato a pag.92, tratto da un atto giudiziario. E‘ un unico periodo di 20 righe composto da 192 parole. Io ho provato prima ad eliminare le parole inutili per poi riscriverlo, badando ai contenuti e alla loro immediata comprensibilità. Risultati: dapprima il periodo si è ridotto a 124 parole (68 parole inutili eliminate, più di un terzo del testo). Riscrivendolo, il testo si è ridotto a due paragrafi per complessive 13 righe e 122 parole. Se qualcuno dei lettori riesce a far di meglio me lo faccia sapere.

E dunque quali conclusioni possiamo trarre?

Prima Conclusione: Per un avvocato, in impresa o nella libera professione, le “parole precise” e la “scrittura civile” sono degli strumenti per comunicare e far capire al destinatario qualcosa che gli è utile per raggiungere l’obiettivo che si propone e per cui ha chiesto il nostro intervento (e per cui poi ci paga lo stipendio o la parcella). Non è sempre facile, richiede tempo e fatica e magari non sempre ci riusciamo, ma dobbiamo essere consapevoli che le “parole precise” e la “scrittura civile” dovrebbero essere il nostro obiettivo.

Seconda Conclusione: Oggi come oggi, nelle facoltà di giurisprudenza l’insegnamento si concentra sul linguaggio e sulle parole destinate ai giuristi, senza preoccuparsi o dare importanza allo scopo della comunicazione fuori e dopo l’Università. Idealmente il libro di Carofiglio dovrebbe invece essere un libro universitario. Quantomeno è un libro da comprare, leggere e tenere sulla scrivania, per poi rileggerlo ogni tanto, per non dimenticare le “parole precise” di Carofiglio.

© Marco Bianchi – riproduzione riservata Settembre 2017

Articoli recenti

Start typing and press Enter to search