GLI AZIONISTI POSSONO ESSERE CONSIDERATI RESPONSABILI DELLE VIOLAZIONI DELLA NORMATIVA IN MATERIA DI CONCORRENZA COMMESSE DA UNA FULL FUNTION JOINT VENTURE DA ESSI PARTECIPATA

Come è noto l’art. 101.1. TFUE – Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (quello che nelle versioni più risalenti del Trattato è stato dapprima l’art. 85 e poi l’art. 81) prevede che siano “incompatibili con il mercato interno e vietati tutti gli accordi tra imprese (in Inglese “undertakings”) …… che possano pregiudicare il commercio tra Stati membri e che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all’interno del mercato interno …”. In realtà nel contesto del diritto della concorrenza la nozione di “impresa” ha natura economica ed abbraccia qualsiasi entità che eserciti una attività economica, a prescindere dal suo status giuridico. Per giurisprudenza costante della Corte di Giustizia i gruppi di società possano essere considerati, alla stregua di un’unica impresa (è quella che in Inglese viene comunemente chiamata single economic doctrine). Più specificatamente “il comportamento di una controllata può essere imputato alla società controllante in particolare qualora, pur avendo personalità giuridica distinta, tale controllata non determini in modo autonomo la sua linea di condotta sul mercato, ma si attenga, in sostanza, alle istruzioni che le vengono impartite dalla società controllante” (Akzo Nobel contro Commissione C-97/08 P), e ciò si presume sempre essere il caso, nell’eventualità che la controllante possegga il 100% del capitale sociale della controllata, fatta salvo il caso in cui la controllante sia in grado di confutare una simile presunzione (e ciò è accaduto ad esempio nei casi Air Liquide e Edison).
In questo caso le conseguenze possono essere non banali: con l’entrata in vigore del Reg. (CE) 1/2003, la Commissione può infatti imporre sanzioni pecuniarie ove accerti delle violazioni a quanto disposto dagli articoli 101 o 102 TFEU, che, in caso di violazioni sostanziali, e non meramente formali (anche se quest’ultime possono pure giungere ad importi di tutta rilevanza), possono arrivare al 10% del fatturato totale realizzato nell’esercizio precedente non solo dalla controllata, che in ipotesi abbia commesso tali violazioni ma anche dalla sua controllante.
Il 2 febbraio 2012 scorso due recenti sentenze del Tribunale di primo grado dell’Unione Europea (El du Pont de Nemours and Company contro Commissione, T 76/08, e The Dow Chemical Company contro Commissione, T-77/08), hanno esteso la “single economic doctrine” anche alle joint venture c.d. “full function” (“imprese che esercitano a pieno titolo e stabilmente tutte le funzioni di un’entità economica autonoma”). Sebbene in precedenza la stessa Commissione avesse ammesso che fosse lecito presumere l’autonomia decisionale di una full function joint venture, nel caso di specie il Tribunale di primo grado ha ritenuto diversamente, ritenendo che Dupont e Dow, azionisti al 50% della joint venture, avessero mantenuto la possibilità di esercitare una “decisive influence” sulla società comune.
Il Tribunale di primo grado ha basato la sua decisione non tanto sul fatto che Dupont e Dow avessero la possibilità di approvare o apporre il loro veto congiunto sulle principali decisioni strategiche della società comune, in quanto ciò di per sé stesso non sarebbe stato sufficiente per coinvolgere la responsabilità delle parent companies, quanto piuttosto sul fatto che tali poteri di autorizzazione e di controllo erano stati effettivamente esercitati dai due azionisti. Paradossalmente uno degli argomenti portati a sostegno di questa tesi è stato il fatto che Dupont e Dow avessero ordinato un’indagine interna alla jv per accertare l’eventuale partecipazione ad un cartello, ordine al quale le strutture e le funzioni della full function joint venture si erano prontamente adeguate in tutto e per tutto.
Quale conclusione trarre dunque da questa vicenda? La possibilità che gli azionisti rinuncino alla governance di una joint venture societaria da essi partecipata paritariamente appare del tutto remota. E dunque l’unica soluzione per evitare che la responsabilità per i comportamenti anticoncorrenziali della jv si estenda anche ai venturers (magari nello specifico caso incolpevoli e inconsapevoli) sembra essere quello di estendere la “decisive influence” dei venturers non soltanto ai piani strategici della jv, alla nomina dei top managers e quant’altro sappia di strategie e di finanza, ma anche pianificare ed imporre alla full function joint venture un appropriato antitrust compliance programme per poi monitorane periodicamente l’applicazione.
© riproduzione riservata Maggio 2012

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